lunedì 28 giugno 2010

Referendum Pomigliano e libertà d'impresa come valore costituzionale





Riporto il bellissimo articolo del giudice Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema corte di Cassazione) che dalle pagine del suo blog ha scritto a riguardo dei fatti della FIAT e sulla proposta di inserire l'impresa come valore costituzionale:

Il referendum illegittimo di Pomigliano

di Ferdinando Imposimato [23/06/2010]

Anche se a Pomigliano ci fosse stato un plebiscito di si, l'accordo sarebbe stato illegittimo per contrasto palese con più articoli della Costituzione. Esistono i diritti inviolabili dell'uomo, che, proprio perchè tali, non sono disponibili, neanche con il consenso dei lavoratori. Tra essi, è il diritto al lavoro, con tutte le garanzie che lo riguardano e lo tutelano.

E' bene ricordare che la Costituzione pone al primo posto, nella gerarchia dei valori, non lo Stato o l'impresa privata, ma la persona umana e il lavoro, e rifiuta qualsiasi concezione utilitaristica del lavoro. A questo riguardo l'articolo 41 della Costituzione, che la maggioranza vorrebbe cambiare sciaguratamente, afferma che “l'iniziativa economica privata è libera ma non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana del lavoratore”. La pretesa di esigere un lavoro, che vada oltre i limiti della dignità e della sicurezza della persona, si pone contro la Costituzione vigente.

Il diritto al lavoro, ricorda il Presidente Ciampi, è il pilastro della democrazia. Ma il lavoro non può essere trattato come merce di scambio, soggetta alla legge della domanda e della offerta. E' assurdo equiparare il lavoro, come fa la Fiat chiamando in causa i polacchi, alle patate o ai fagioli o ai cavolfiori, i cui prezzi aumentano o diminuiscono a seconda della quantità offerta; se, in una situazione di crisi occupazionale, come quella attuale, vi è una offerta enorme di lavoro e una domanda che si riduce, la risposta non può essere la riduzione delle retribuzioni, come avviene nella compravendita delle patate o degli altri prodotti. O il ricorso a lavoratori disposti a lavorare oltre i limiti consentiti. La risposta deve essere una riduzione del lavoro e una sua redistribuzione tra il maggior numero di lavoratori, guardando all'esempio non della Polonia ma di Francia e Germania, dove vige una giornata lavorativa di 35 ore, e la competitività è assicurata lo stesso.

Il lavoro è la risorsa più grande del nostro popolo e la sua tutela interessa tutti. Compito della Repubblica è non solo di promuovere le condizioni per rendere effettivo questo diritto ma di fare in modo che ogni lavoratore abbia una retribuzione che lo liberi dal bisogno e gli consenta di dedicarsi al proprio miglioramento spirituale per esercitare in modo responsabile i propri diritti politici.

Il precariato, i salari di fame e le sanzioni disciplinari, previste nel contratto aziendale della Fiat, sono una lesione intollerabile della dignità dei lavoratori e della loro libertà. Essi hanno diritto allo sciopero, se sono in pericolo sicurezza e libertà, e a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, e disoccupazione involontaria. Si tratta di diritti indisponibili. Chi oggi dice si, per costrizione o bisogno di sopravvivenza, domani può rivolgersi al giudice per reclamare la lesione dei suoi diritti.

E non può certo dirsi, come insinua la Fiat per i metalmeccanici, che i lavoratori italiani operino in condizioni di comodo e di disimpegno, se teniamo presenti i numerosi casi di morti bianche all'ordine del giorno, su cui spesso è intervenuto il Presidente della Repubblica per richiedere il rispetto di dignità e sicurezza. Le morti sul lavoro sono una piaga sociale quotidiana dovuta allo stress da superlavoro e alla mancanza di quelle condizioni di sicurezza che gli imprenditori dovrebbero osservare e che invece, per ridurre i costi, trascurano. La sicurezza del lavoro in Italia è la più drammatica di tutta l’Europa. In Italia si sono verificati circa un milione di infortuni sul lavoro nel 2003, e cinque milioni negli ultimi cinque anni. Secondo l’Associazione nazionale mutilati ed invalidi sul lavoro, una morte sul lavoro, ogni quattro decessi che si verificano in Europa, avviene in Italia. E questo è un primato che dovrebbe farci vergognare!

Secondo Aldo Moro “La Costituzione contiene nella sua struttura un pericolo abbastanza grave. Essa nella prima parte tutela i diritti inviolabili, i quali non solo derogabili mediante contratto, ma non dovrebbero mai essere oggetto di revisione costituzionale perché alterarli significherebbe condannarsi al ridicolo, al disordine, alla tragedia”. E questo non è accettabile. “E perciò è necessario- dice Moro- che tutti gli uomini di buona volontà siano concordi nella difesa di quei principi fondamentalmente umani e cerchino di trascriverli, prima che sulla carta, sulla viva pagina dei cuori”. ( A Moro scritti 1940 1948 ed Cinque Lune).

Anzitutto nel contratto predisposto dalla FIAT, senza discussione con i lavoratori, vi è un chiaro condizionamento del diritto di sciopero tutelato dall'art 40 della Carta. Nel contratto aziendale sono previste azioni disciplinari e persino licenziamenti in caso di scioperi per turni di lavoro e straordinari. Vale a dire di scioperi di natura tipicamente economica. Ma l' “accordo”, firmato in una situazione di estremo bisogno dei lavoratori, lede altri due articoli della Costituzione, gli artt 32 e 36, che sono cruciali, ma di cui gli esperti si sono dimenticati. Infatti il contratto sottoposto a referendum prevede delle sanzioni economiche contro i lavoratori, che intaccano il principio per cui “i lavoratori hanno diritto ad una retribuzione adeguata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, e comunque tale da garantire una vita libera e dignitosa”. Orbene il contratto aziendale territoriale che vieta lo sciopero per turni di lavoro massacrante o la mancata concessione del riposo settimanale “è illecito – afferma la Corte di Cassazione- siccome in contrasto con il precetto costituzionale dell'art 32 della Costituzione che tutela il bene della salute come diritto primario assoluto, e l'art 36 della Costituzione, che tutela la dignità del lavoro , e non può essere validamente derogato né da clausole di contratto collettivo o individuale o di altro genere , che sarebbero nulle, né dalla legge , che sarebbe sospettabile di illegittimità costituzionale. In relazione al diritto fondamentale garantito al lavoratore – quale il diritto di sciopero e il diritto al riposo settimanale o per malattia-, la mancata concessione del riposo o addirittura la sua punizione, contrasta, secondo la Consulta , con norme imperative , rispetto alle quali l'eventuale adesione ad esse del lavoratore – come nel caso di Pomigliano-, non può avere rilievo, stante l'irrinunciabilità del diritto leso” (Cassazione 26 gennaio 1999 n 704)

Sicchè coglie nel segno il prof Alberto Capotosti, presidente emerito dalla Corte Costituzionale, quando afferma, in una intervista a “L'Espresso” del 24 giugno 2010, che il contratto approvato dal 62 % degli operai di Pomigliano è inutile, più che nullo, perchè in contrasto in modo insanabile con la Costituzione. Comprendiamo le necessità di migliaia di lavoratori costretti a firmare, ma deploriamo che una grande azienda profitti dello stato di bisogno per limitare diritti umani fondamentali.

Ma accanto a queste ragioni di ordine giuridico, si pongono elementi di difesa della democrazia. Ed infatti il contratto aziendale, di cui anche il PD invoca incoscientemente l'attuazione, ledendo il dovere di solidarietà politica, economica e sociale, ( art 2 ) , impedisce la libertà del lavoratore dal bisogno. In questa situazione di aggressione al diritto al lavoro dignitoso garantito dal diritto di sciopero e contro turni massacranti, vorremmo che il Presidente della Repubblica, che, come diceva Calamandrei, è la viva vox della Costituzione ed il simbolo della unità nazionale, esercitasse la sua funzione di garanzia, rilevando la incostituzionalità dell'accordo di Pomigliano e di eventuali altri accordi del genere. Noi auspichiamo che egli continui a svolgere la funzione di filtro delle leggi, respingendo la pretesa della maggioranza che vorrebbe ridurlo a una mera funzione notarile di ratifica delle scelte verticistiche del Presidente del Consiglio e dei suoi Ministri. Così come speriamo che il Colle richiami i governanti, gli amministratori e gli imprenditori al rispetto del principio di legalità costituzionale e al perseguimento degli interessi generali dei lavoratori e non settoriali della impresa. E richiami le forze di maggioranza e di opposizione al rispetto delle norme costituzionali che tutelano il diritto al lavoro e la sua dignità, essendo il lavoro la principale risorsa del nostro sventurato paese.

Se si vuole garantire anche l'obiettivo del soddisfacimento dei bisogni fisici e la possibilità dello sviluppo spirituale di tutti i lavoratori, si rende necessario un secondo tipo di libertà: la libertà dal bisogno. L'uomo non dovrebbe essere costretto a lavorare per il soddisfacimento delle necessità vitali al punto da non avere né più tempo né energia per le occupazioni personali e per svolgere attività politica. Senza questa libertà dal bisogno, la libertà di esprimersi è per lui inutile. Il progresso tecnologico potrebbe consentire questo secondo tipo di libertà se si riuscisse a risolvere il problema della ripartizione della fatica con una riduzione dell'orario di lavoro, e non con un aumento.


Costituzione Italiana
ART. 32
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

ART. 36
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

ART. 40
Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.

ART. 41
L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Ci facciamo un caffè?




A Lorè che ce famo 'n caffè?


Questa è una frase che a quest'ora mi torna sempre in mente. Sarà per la mia forte propensione a questa bevanda che tanto ha indotto scrittori, letterati e registi a farne opere rimaste nella storia.
Beh il caffè dei letterati, Il Caffè rivista letteraria, Caffè di fine colazione di Renoir, Terrazza del caffè di notte di Van Gogh. Insomma una bevanda da riflessione, pausa, termine di un qualcosa, uno stacco insomma.
E proprio di uno stacco sto parlando.
Si è in due, in casa, si sta lavorando a qualcosa o si è discusso di blog, di cultura o politica ed ecco il break, la frase che tanto aspetto perchè sa di famigliarità e complicità.
Allora vado in cucina, apro l'armadietto dove c'è lo scolapiatti e rigorosamente sulla destra c'è una semicaffettiera. L'altra metà, quella dove si mette l'acqua, è rigorosamente dietro la prima con il contenitore sempre dentro.
Tiro fuori il tutto, lo poso sul lavandino di acciaio e vado a prendere il contenitore.
Dovete sapere che quasi in fondo alla cucina c'è un mobiletto contenente sopra:
1) Un porta cucchiai di legno, con dentro i cucchiai ( sono sempre nella stessa posizione nonostante si usino quotidianamente!)
2) Una biscottiera sempre mezza piena di biscotti
3) Un porta caramelle con dentro...caramelle ma colorate ( presumo scelga i colori apposta)
4) due barattoli identici, uno con un cucchiaino di legno piccolo sopra, l'altro con un cucchiaino di legno ( uguale al primo) ma dentro.

Non ricordo mai quale dei due è del caffè!!!!!!!
E il bello che apro sempre quello sbagliato!
Con la mia logica filosofica mi sono spesso detto, fai il ragionamento contrario, quello che decidi di aprire per primo lascialo per secondo ( lo zucchero). Non ci ho mai azzeccato!
Intanto Lei è impegnata rigorosamente in un altra stanza, non che stia facendo nulla, anzi, è sempre affacendata....ma mai che le venga in mente di pensare: beh andiamo a vedere che fa.
Quindi, dopo questi indovinelli logici, carico la macchinetta e la metto sul fuoco.
Ma ecco che anche qui, l'ordine prestabilito, mi mette in difficoltà. Eh si, accendo sempre il gas con la manopola spenta! Si, perchè essa è sempre rigorosamente pozizionata sul chiuso, anche se un minuto prima è stata usata. Regole della casa, in vigore da tempi lontani e mai cambiate!

Finalmente arriva 'sto caffè, lo verso in due tazzine, che si trovano nello scolapiatti ma sempre a sinistra, due cucchiaini a me.....tre a lei e finalmente ci gustiamo insieme la bevanda tanto desiderata.
Per la cronaca...io seduto e lei in piedi, io che la guardo...e lei che mi fa il programma per la settimana.........io che mi alzo.....lei che pulisce tutto immediatamente.
Se dopo due minuti apriste lo scolapiatti ci ritroverete le due mezze caffettiere sulla destra e le tazzine sulla sinistra..... pronti per la prossima pausa caffè.
Potrei non amare un caffè così?




Lorenzo

domenica 27 giugno 2010

Commento/racconto di Amaranta




Ed io, in onore del tuo bellissimo commento, lo pubblico come post:

LIBERTA'

Libertà gironzolava nomade, vestita solo della propria bellezza, tra i mondi paralleli e quelli intersecanti. Non aveva problemi, Libertà, nel vivere le proprie giornate, dissetandosi alle sorgenti di FANTASIA e cibandosi delle tenere radici di OUSIA, riempiendosi il palato del succo maturo dei frutti di EIDOS.
Nomade entusiasta, Libertà trovava ospitalità anche nei mondi più oscuri, illuminandone i firmamenti spenti e rischiarando le albe più
opache.
Tra i tanti mondi concreti, e le innumerevole ipotesi di universi da concepire, Libertà amava immensamente quello di BLOGOSPHERE, abitato da intelligenze inquiete, caotiche, in perenne ricerca di quella consapevole essenza che taluni chiamano anima, altri, invece, coscienza.

Così Libertà s'aggirava fiduciosa, vestita solo della sua sfolgorante bellezza, in quel mondo pioneristico ed in vitale subbuglio, popolato da
ferrovieri, insegnanti, operai, impiegati, liberi professionisti, commercianti, disoccupati, annoiati, incazzati, sottomessi, virtuosi, avventurieri, baritoni, biatleti, biochimici, briganti, cartografi, circensi e cistercensi, contralti, controtenori, corsari, cuochi, danzatori, drammaturghi, economisti, egittologi, enigmisti, enologi, etologi, farmacisti, filologi, filosofi, fisiologi, fumettisti, genetisti, ginnasti, giuristi, grecisti, illustratori, illusori, incisori, inventori, micologi, microbiologi, modelli, montatori, motociclisti, paleontologi, pallamanisti, pallavolisti, pentatleti, pirati, presbiteri, rabbini, rapper, skaboarder, skeletonisti, slamballers, snowboarders, studenti, tennisti, zanzarai, zoccolai convinta che quel lussureggiante mondo amazzonico sarebbe stata la futura culla di una umanità nuova e privilegiata.
Così, Libertà, zingara per scelta e per temperamento, s'aggirava disarmata, vestita solo della sua luminosa bellezza, sicura che nessuno, in quel mondo ideale, avrebbe frainteso l'onestà della sua missione.

Fino al giorno in cui, spingendosi verso i confini di UTOPIA, cadde in una trappola di rami e di reti, preparata dai famigerati tagliatori di lingue, che vivevano negli anfratti sotterranei di quella terra di confine.

Sicari e stupratori, assoldati per far rispettare la famigerata LEX REGIA CENSORIA, in vigore sulla TERRA, nel tentativo d'imporla anche su BLOGOSPHERE.

Libertà fu così catturata, dileggiata, stuprata, e mozzata la lingua.
Ma le fu risparmaiata la vita, affinchè tutti potessero vederla umiliata e sconfitta.
Ma lei, benchè muta e ferita, non coprì le cicatrici dello stupro.
Non rivestì con nessun mantello il suo nudo corpo martoriato ma, di quella violenza e di quella mutilazione, ne fece bandiera e monito, affinchè le genti di tutti i mondi paralleli ed intersecanti stessero all'erta perchè nessuna culla mai nasce privilegiata.

Bellissimo post, Lorenzo

Ti dedico questo racconto che dalla sua entusiastica lettura è scaturito.

Un bacio Marilena

Riflessione filosofica di Lorenzo fra un padellino di sugo che cuoce e l'acqua per la pasta che bolle.



Quello che scriviamo qui, mi riferisco ad ogni blog, è parte della nostra storia personale e collettiva.
Chiunque scriva un verso, un racconto o espliciti con parole immagini che colpiscono, non fa altro che parlare di se stesso e di quel sè nel mondo.
Ogni parola ha dietro una storia da raccontare, non ci sarà mai un momento in cui le parole smetteranno di avere la funzione propria che gli spetta, parlare della propria mente.
Cosa differente è il linguaggio.
Esso è la costruzione grammaticale o la ricerca di parole nuove per esprimere stati d'animo nuovi, oppure è la forza dei propri pensieri. Linguaggio e parola sono cose differenti, il linguaggio cambia con il tempo, la parola no.

Fra parole e pensieri esiste un legame indissolubile, invece fra linguaggio e pensiero spesso si dimostra l'inadeguatezza di questo legame.
Quante volte diciamo, non mi sono spiegato bene?
Spesso è un difetto del linguaggio non nostro. Esso è un prodotto della società, quello che regola ciò che si può o non si può dire. Regole logiche, grammaticali e culturali ingabbiano le parole dandole dei sensi prestabiliti.
Come sprimere allora le nostre sensazioni nel pieno del significato della parola, nel pieno " lasciarsi andare" della nostra mente?
Cambiando linguaggio, cambiando le regole di aggettivi e sostantivi. Le regole non i significati, essi al massimo si ampliano non si stravolgono.
Ed ecco che in questa cornice che ho ora su esposto ci possiamo vedere tutta la libertà di espressione, l'andare alla ricerca di nuove forme affinche la parola ( in greco LOGOS) assuma tutta quella potenza espressiva che la nostra mente vuole darle.
Con questo ho cercato di descrivere e schiarire quel labirinto che offre solo una via d'uscita : comprensione-traduzione-esperimento, ricerca, osare, comprendere e comunicare.
Vista l'esperienza della comunicazione di questi ultimi anni, dove invece le regole si sono fatte più ferree e la censura è la nuova regola del linguaggio, io ho poche speranze che questo processo invece vada avanti. E' troppo difficile scoprire quale debba essere la natura della parola, o quale funzione dobbiamo dare ad essa.

Forse l'espressione più libera e intellettualmente stimolante la vediamo proprio nei blog, ovvero negli scritti di persone che nella società tutto fanno tranne che essere scrittori di professione o intellettuali:

Ferrovieri, insegnati, operai, impiegati, liberi professionisti, commercianti, disoccupati, annoiati, incazzati, sottomessi, virtuosi, avventurieri, baritoni, biatleti, biochimici, briganti, cartografi, circensi e cistercensi, contralti, controtenori, corsari, cuochi, danzatori, drammaturghi, economisti, egittologi, enigmisti, enologi, etologi, farmacisti, filologi, filosofi, fisiologi, fumettisti, genetisti, ginnasti, giuristi, grecisti, illustratori, illusori, incisori, inventori, micologi, microbiologi, modelli, montatori, motociclisti, paleontologi, pallamanisti, pallavolisti, pentatleti, pirati, presbiteri, rabbini, rapper, skaboarder, skeletonisti, slamballers, snowboarders, studenti, tennisti, zanzarai, zoccolai.

Facciamo tutti parte del mondo espressivo libero in sè.
Forse è sempre stato così, anche nella storia. Le regole del linguaggio sono sempre venute dal basso mai dall'alto. Semmai i soloni hanno cercato di confonderne le idee o di limitarne le libertà espressive.

Il mondo dei blog è si caratterizzato da individualità espressive ma c'è un'essenza, una Ousia, che ci caratterizza: è il far parte di un mondo di pura epressione, di pura rivalutazione del Logos, indipendentemente dai linguaggi usati, che sono infiniti.
Socrate si spiega: in uno sciame, ci sono molti esemplari di api, ciascuno differente dall'altro per grandezza, bellezza e così via. Ma quello che fa essere tutte le api una uguale all'altra è quel carattere che, se sono api, hanno necessariamente in comune: l'ousia dell'ape. Se si vuole spiegare che cosa è un'ape, non si devono esporre le differenze fra un'ape e l'altra, ma si deve indicare quel carattere comune il quale permette di dire, di vari esemplari di insetti, che sono tutte api. Lo stesso discorso si deve fare per le virtù: per dire che esempi diversi di virtù sono, appunto, virtù, si deve indicare un solo eidos (forma, modello) comune a tutti, in virtù del quale una collezione di casi può essere ricondotta sotto un solo termine.
Questo Eidos per noi blogger è uno solo: libertà.

Lorenzo

sabato 26 giugno 2010

Sulla vignetta delle bare di Forattini




Non so più come scriverlo il tracollo dell'etica in Italia, ma mi limito a pubblicarne solo delle testimonianze.
Questa è un'altra da parte di un " umorista " molto famoso e ben pagato per farci ridere e, possibilmente pensare. A me fa solo rabbia e molta pena.
Come è possibile scherzare con delle bare e una bandiera italiana anche se in un campo di calcio?
Forse lei, signor scribacchino non lo sa, ma qui in Italia si muore davvero, per lavoro, per malattia, per fare il proprio dovere o semplicemente mentre si è passeggeri su un aereo sopra l'isola di Ustica di cui in questi giorni si parla nuovamente.
Chi è umorista dovrebbe far pensare, far riflettere sorridendo, ironizzando sopratutto sui mali o sulle virtù della società.
Lei invece umilia, e umilia anche i giocatori della nazionale che tutto avranno pensato ma mai essere accolti con scarabocchi delle loro bare.
C'è un'altra cosa che deve sapere, è possibile, ma spero di no, che di bare vere ne arrivino ma con dentro dei soldati italiani all'estero e allora quella bandiera sarà davvero a mezzasta, ma non per ridere ma per riflettere su tante cose e ognuno con le proprie idee.
In ogni caso, la prego, abbia rispetto per i morti veri.

Lorenzo

venerdì 25 giugno 2010

Roger Dean








Dean nacque in Inghilterra. Figlio di un militare, visse in diverse parti del mondo. Nel 1959, tornato in Inghilterra, ottenne il diploma come designer alla Canterbury School of Art. Nel 1968 si laureò presso il Royal College of Art di Londra.

I suoi primi lavori nel settore delle copertine discografiche furono per un gruppo chiamato Gun e per gli africani Osibisa. Soprattutto questa seconda opera contribuì ad attirare molta attenzione. In quello stesso anno Dean diede inizio al suo rapporto di collaborazione più importante, quello con gli Yes, realizzando la copertina dell'album Fragile. Dean creò anche il cosiddetto "logo classico" degli Yes, che apparve sul successivo Close to the Edge. Da allora, Dean ha curato quasi tutte le copertine degli Yes, nonché la coreografia di moltissimi loro concerti e le copertine degli album solisti dei membri degli Yes o di altre formazioni della grande "famiglia Yes" (per esempio i Badger e gli Asia). Inoltre, Dean ha realizzato copertine anche per molti altri celebri gruppi, soprattutto della scena del progressive, quali Uriah Heep e Gentle Giant.
E' stato l'ideatore dei disegni e delle scenografie del film Avatar.

La maggior parte delle opere di Dean rappresentano paesaggi fantastici con un'atmosfera fra il fantasy e la new age. Le sue immagini sono caratterizzate da una grande armonia, senso di equilibrio e di pace, e proprio in questo senso sono il perfetto complemento delle atmosfere celesti e positive della musica degli Yes (come ebbe a osservare Steve Howe, there is a pretty tight bond between our sound and Roger's art).

Fra i tratti caratteristici dei paesaggi di Dean ci sono:

* la presenza di "forme" che si rispecchiano in numerosi elementi scorrelati del paesaggio (rocce che assomigliano a piante che assomigliano a nuvole...);
* la quasi completa assenza di figure umane o forme artificiali; quando queste ultime compaiono, anche loro entrano nel gioco delle forme ripetute, e spesso assomigliano a piante, animali o altri elementi del paesaggio;
* la predilezione per le forme curve, non del tutto simmetriche (per l'appunto "naturali");
* l'uso frequente (sebbene non ossessivo) di elementi paradossali (come la celebre cascata di Close to the Edge, in cui l'acqua cade in tutte le direzioni, rocce sospese in aria, e così via).

La maggior parte delle opere di Dean sono dipinti realizzati con l'uso coordinato di diverse tecniche quali acquarello, inchiostro, carboncino, collage e altre.

Fonte Wikipedia




domenica 20 giugno 2010

La polenta di Marengo

Commentando sul blog di Fel lei mi ha chiesto cosa sia questa torta.Quale altra ghiotta occasione per postarne la ricetta e presentare questa torta molto semplice ma gustosa tipica della mia città, Alessandria. Inventata nel 1931 dalla antica confetteria Chiabrera, una pasticceria molto nota in quegli anni in città.
E' l'ideale come dessert o come prima colazione o per uno spuntino pomeridiano servita con il thè.
A questo punto immagino penserete che io la mangi a qualsiasi ora. In effetti è così, ognuno ha i suoi difetti ( o pregi a seconda dei punti di vista).
Dove la compro ioRicetta:
125 gr di burro, 150 gr di zucchero, tre uova intere, tre tuorli, 125 gr di farina di mais, 30 gr di fumetto (si può sostituire con la maizena), 50 gr di fecola, due cucchiai di farina di mandorle (oppure di mandorle frullate finemente), la scorza grattugiata di un limone, 50 gr di uva sultanina.per la copertura: pasta di mandorle e pan di spagna sbriciolato.
Sbattere i tuorli con lo zucchero e incorporarvi gli albumi montati a neve. aggiungere le farine, il limone, l'uvetta e il burro appena fuso, delicatamente. versare il composto in una teglia imburrata e infarinata e cuocere nel forno medio (160°) per un'ora circa. ricoprire la torta con una foglia sottile di pasta di mandorle e cospargere con il pan di spagna finemente sbriciolato.

Lorenzo

sabato 19 giugno 2010

In ricordo di Josè Saramago




«Tutto nel mondo sta dando risposte, quel che tarda è il tempo delle domande.»

José Saramago

sabato 12 giugno 2010

Chi parla ancora della notte?



In questo bailame informatico-informante-deformante tutti parliamo del giorno, della luce, di ciò che è "visibile".
Ognuno ci mette poi le proprie opinioni, impressioni, sensazioni, informazioni aggiuntive.
La televisione ne è l'esempio più lampante. Tutto è fatto di luce, di immagini meravigliose, accativanti. Si ha la sensazione di vivere in un mondo luminoso fino al punto di crederlo vero e molti ci si tuffano in questa vita onirica, con il risultato che quando ci si parla sembra un dialogo fra extraterrestri.
Ma dialogo , nella accezione greca del termine, significa confronto verbale fra due o più persone, mezzo utile per esprimere idee.
Quello che capita da qualche anno è che il dialogo è solo una ricerca di conferma in ciò che si crede, credenza trasmessaci da chi televisione la fa, un modo per giudicare chi queste idee le ha recepite oppure no.
Chi non lo recepisce è fuori dai giochi.
In questi pseudodialoghi si parla solo del giorno. ma la notte?
Eppure la notte è l'altra faccia della medaglia, ciò che è in ombra, non immediatamente visibile, da ricercarsi con fatica.
Pure la religione si è fatta evento diurno. Parla dei problemi della società, contraccezione, divorzio, ecc.., tutti argomenti che chiunque ne può parlare. Essa ha ormai abbandonato il mistero della morte, il mistero della vita, la ricerca tramite il soprannaturale, indagare le zone d'ombra dell'animo umano.
AnteprimaL'evento notturno, questo sacro indagare, è lasciato al singolo, nel buio della propria solitudine.
Siamo ora molto lontani dalla filosofia degli anni '70 di Deleuze e Foucault, questi archeologi del sapere che indagavano la notte facendola emergere dalla propria oscurità.
Allora si parlava di ospedali, scuole, carceri, organizzazioni sociali, sessualità, facendole emergere in tutta la loro utilità sociale partendo dal senso dell'essere, dal lato oscuro dell'uomo e della società.
Tralasciando ormai questo aspetto dell'uomo, inteso come umanità, abbiamo spezzato, o dimenticato, la traccia di quei legami affettivi e comunitari che la nostra cultura dell'individualismo ha spezzato, sottraendo ai singoli quell'unica difesa di cui gli uomini dispongono per arginare il terrore della solitudine e della irreperibilità, una traccia che permetteva di guardare la notte.
Riguardo al sesso, ad esempio, la luce del giorno ce la fa vedere solo come un atto prettamente animale tramite il desiderio dell'immagine. Niente pensiero, solo gesto.
Foucault, indagando la notte, invece diceva :
" Dobbiamo capire che con i nostri desideri, attraverso i nostri desideri, si creano nuove forme di relazione, nuove forme d’amore, nuove forme di creazione. Il sesso non è una fatalità; è possibilità di una vita creativa ".

Un esempio di chi parla della notte:



Lorenzo


martedì 8 giugno 2010

Emendamento 1707, Norma "salvapedofili" e petizione antibavaglio


L'emendamento 1707.
Porta, tra gli altri, la firma di Maurizio Gasparri e di Gaetano Quagliariello, ed è da giorni al centro delle proteste di associazioni, politici e utenti del web. Che lo hanno già ribattezzato "Tutela Pedofili". Duri i commenti online: "Ecco l'ultima trovata di casa Pdl: niente obbligo di arresto per chi verrà sorpreso a compiere violenze sessuali 'di lieve entità' verso minori.
Denunciamoli e diffondiamo la notizia: è ora di dire basta a questo scempio".
Sulla stessa linea la denuncia delle donne di Italia dei Valori. Che scrivono: "Riteniamo che il concetto di 'violenza sessuale di lieve entità' non debba assolutamente entrare nella legislazione che riguarda i reati sessuali in danno di minori". Il rischio è "l'inevitabile riflesso negativo di questa norma sull'esito dei procedimenti giudiziari".
Per il Pd, "questa norma è un macigno che impedirà l'arresto in flagranza e il processo per direttissima dei pedofili".


"Uscite dal Parlamento".
Inizia così la lettera aperta che molti cittadini stanno inviando a Pierluigi Bersani e ad Antonio Di Pietro. Una lettera il cui testo è ripreso da un articolo di Marco Travaglio. Appuntamento il 15 luglio, in piazza Montecitorio a Roma. Dove centinaia di cittadini si dicono "pronti ad incontrare in modo pacifico" il leader dell'Idv e il segretario del Partito Democratico. Ed in molti chiedono alle forze di opposizione un gesto simbolico, "lasciare l'Aula durante i lavori su ddl intercettazioni". Continuano anche le micro manifestazioni dei viola. Che dopo il presidio a Firenze - durato un'intera settimana - annunciano nuove iniziative. Per oggi: appuntamenti a Roma e a Parma.


Il lavoro della società civile. Una nuova mobilitazione. Promossa dalla Federazione della Stampa Italiana, da Libertà e Giustizia e da altre associazioni. Che hanno deciso di presentare un esposto comune alla Corte europea per i diritti umani di Strasburgo e di "rivolgere un appello ai giuristi e ai costituzionalisti italiani, affinché formino un collegio di difesa per sostenere chiunque sarà colpito per aver disobbedito ad una legge ingiusta ed incivile". In cantiere, inoltre, la promozione di "una grande manifestazione nazionale, nei tempi e nei modi che si renderanno necessari qualora questo scellerato ddl dovesse andare all'approvazione".

Fonte La Repubblica

Petizione antibavaglio


Petizione contro emendamento 1707

Lorenzo

Illuminismo oggi


E' ancora attuale questo mio vecchio post, pubblicato il 10-11-2008?
Intendo, esistono ancora le ragioni per difendere le libertà rifacendosi a un tale principio?


Se l'illuminismo fosse solo una corrente di pensiero o il tratto tipico di un'epoca storica, la discussione potrebbe essere confinata nell'ambito delle dispute filosofiche.
Dopo avere definito lo stato di minorità da cui l'umanità deve uscire come "l'incapacità di servirsi del proprio intelletto", Kant attribuisce la responsabilità di tale minorità all'uomo "quando la causa non risiede nell'intelletto stesso, ma dipende dalla mancanza di determinazione e di coraggio nel servirsene, appunto, senza la guida degli altri".
Quindi c'è una responsabilità a non essere illuministi, che non investe solo le sorti della conoscenza, ma la dignità stessa dell'uomo, che rinuncia a servirsi, proprio di ciò che lo distingue: l'uso della ragione.
Con l'Illuminismo, il gesto filosofico diventa " gesto etico " e, per effetto di questa saldatura, l'illuminismo non è più solo la caratteristica di un'epoca storica, ma la prerogativa della condizione umana, che non può essere disattesa, se non al costo, come dice Kant " di violare e calpestare i sacri diritti dell'umanità".
E' quindi eticamente doveroso essere illuministi, non solo per salvaguardare l'autonomia del proprio giudizio, ma anche per garantire questa autonomia alle generazioni future, della cui libertà di pensiero siamo responsabili.
Quanto basta per dire che l'illuminismo,quindi l'uso della ragione, non è una caratteristica di un'epoca, ma un dovere etico da trasmettere ogni volta che una religione, una visione del mondo, un'autorità, una propaganda tendono a far passare se stesse e i loro contenuti come verità assolute, a cui bisogna semplicemente aderire rinunciando ad indagare.
Questo è il messaggio dell'Illuminismo, non un semplice gesto filosofico, ma una carica di "doverosità etica", per l'emancipazione del genere umano.
La chiesa ,ovviamente è antilluminista.
Tramite i suoi filosofi e teologi, ha lanciato, da qualche anno, una campagna contro quell'epoca.
Si può riscontrare in quelle tesi solamente una svalutazione dell'uomo.
A parer loro l'uomo è incapace di pervenire da sè a delle verità e quindi bisognoso di un indottrinamento, di una guida, o, come diceva Kant "di tutori".
Socrate d'altro canto, riteneva che l'uomo da solo, attraverso il dialogo, poteva cercare la verità tramite l'uso della ragione (come Kant del resto).
Questa è la differenza tra il metodo Socratico e il metodo Catechetico.
Chi è persuaso di possedere la verità(i catechesi) ritiene che il compito sia quello di trasmetterla con modalità più o meno intolleranti a seconda delle epoche storiche.


Lorenzo