lunedì 29 dicembre 2008

Io, ovvero inesistente e impacciato

Eravamo un mucchio di esistenti impacciati, imbarazzati da noi stessi, non avevamo la minima ragione d'esser lì, né gli uni né gli altri, ciascun esistente, confuso, vagamente inquieto si sentiva di troppo in rapporto agli altri.
Di troppo: era il solo rapporto ch'io potessi stabilire tra quegli alberi, quelle cancellate, quei ciottoli. Invano cercavo di contare i castagni, di situarli in rapporto alla Velleda, di confrontare la loro altezza con quella dei platani: ciascuno di essi sfuggiva dalle relazioni nelle quali io cercavo di rinchiuderli, s'isolava, traboccava. Di queste relazioni (che m'ostinavo a mantenere per ritardare il crollo del mondo umano, il mondo delle misure, delle quantità, delle direzioni) sentivo l'arbitrarietà; non avevano più mordente sulle cose.
Di troppo, il castagno, lì davanti a me, un po' a sinistra. Di troppo la Velleda… Ed io - fiacco, illanguidito, osceno, digerente, pieno di cupi pensieri - anch'io ero di troppo. Fortunatamente non lo sentivo, più che altro lo comprendevo, ma ero a disagio perché avevo paura di sentirlo (anche adesso ho paura - ho paura che questo mi prenda dietro la testa e mi sollevi come un'onda). Pensavo vagamente di sopprimermi, per annientare almeno una di queste esistenze superflue. Ma la mia stessa morte sarebbe stata di troppo. Di troppo il mio cadavere, il mio sangue su quei ciottoli, tra quelle piante, in fondo a quel giardino sorridente. E la carne corrosa sarebbe stata di troppo nella terra che l'avrebbe ricevuta, e le mie ossa, infine, ripulite, scorticate, nette e pulite come denti, sarebbero state anch'esse di troppo: io ero di troppo per l'eternità.
"

(Sartre, La nausea)

sabato 27 dicembre 2008

Sulle religioni


"La decisione cristiana di trovare il mondo brutto e cattivo, ha reso brutto e cattivo il mondo."
(Nietzsche)


I miei dubbi sulla religione incominciarono molto presto, quando da piccolo, al catechismo, sentii parlare del limbo, un luogo per i bambini morti prima di ricevere il battesimo.
Per loro il limbo era un luogo che nella mia immaginazione non riusciva essere mai troppo preciso.
Alle scuole superiori, studiando Dante, appresi che nel limbo c'erano anche tutte le persone nate prima dell'avvento del battesimo.
Studiai che c'era Aristotele, Platone, Omero, e molti altri. Mica male come compagnia.
Tempo dopo, ricordo, a casa di un mio amico, sfogliai un antico dizionario teologico, beh del limbo nemmeno l'ombra, mi chiesi perchè?? E' un dubbio che mi è sempre rimasto, visto che non ho avuto molte conversazioni con persone di chiesa.
L'unica volta che l'ho avuta è quando mi sono confessato a militare(obbligato dal capitano!) e, dopo avergli detto i peccati (?) mi chiese quanti erano i comandamenti, io risposi 12!! In effetti non lo ricordavo, per punizione mi fece recitare delle preghiere .
Cosa è allora il limbo?
Tramite considerazioni mie sono arrivato alla conclusione che è una condizione di coloro che restano nell'imperfetto, nell'incompiuto, nell'inquietudine.
In questa condizione la religione ti dice che non sei nulla, non meriti il paradiso ma nemmeno l'inferno o quella fase di transizione che si chiama purgatorio.
Avere dubbi, cercare verità apparentemente introvabili significherebbe per la chiesa stare nel limbo, cioè nel nulla o ,come direbbe Heidegger, in un non luogo.
La religione, oltre che trovarla dogmatica( così non cade nel limbo!) mi ha sempre ingenerato un senso di paura.

mercoledì 24 dicembre 2008

Per non dimenticare le vittime della mafia


VITTIME DELLA MAFIA :

EMANUELE BASILE - Capitano dei carabinieri -4 Maggio 1980
GAETANO COSTA - Procuratore capo di Palermo -6 Agosto 1980
CARLO ALBERTO DALLA CHIESA E MOGLIE - 3 Settembre 1982
GIANGIACOMO MONTALDO - Giudice- 25 Gennaio 1983
MARIO D'ALEO - Capitano dei carabinieri - 13 Giugno 1983
ROCCO CHINNICI - Capo ufficio istruzione - 29 Luglio 1983
BEPPE MONTATA - Capo squadra mobile Palermo - 28 Luglio 1985
ANTONINO CASSARA' - Vice questore di Palermo - 5 Agosto 1985
ROBERTO ANTIOCHIA - Agente di polizia - 5 Agosto 1985
GIUSEPPE INSALACO - Ex sindaco di Palermo - 12 dicembre 1988
NATALE MONDO - Agente di polizia - 14 gennaio 1988
ANTONIO E STEFANO SAETTA- Presidente corte di Appello Palermo e figlio
ROSARIO LIVATINO - Sostituto procuratore - 21 settembre 1990
ANTONIO SCOPELLITI - Sostituto procuratore - 9 Settembre 1991
LIBERO GRASSI - Imprenditore - 29 Agosto 1991
GIOVANNI FALCONE - Giudice - 23 Maggio 1992
FRANCESCA MORVILLO - Giudice - 23 Maggio 1992
ANTONIO MONTINARO - Scorta Falcone - 23 maggio 1992
ROCCO DI CILLO - Scorta Falcone - 23 Maggio 1992
VITO SCHIFANI - Scorta Falcone - 23 Maggio 1992
PAOLO BORSELLINO - Giudice - 19 Luglio 1992
ANTONIO CATALANO - Scorta Borsellino - 19 Luglio 1992
VINCENZO LI MULI - Scorta Borsellino - 19 Luglio 1992
WALTER COSINA - Scorta Borsellino - 19 Luglio 1992
CLAUDIO TRAINA - Scorta Borsellino - 19 Luglio 1992
EMANUELE LOI - Scorta Borsellino - 19 Luglio 1992


...e molti altri



martedì 23 dicembre 2008

Paolo Borsellino, giudice antimafia


"Non ho mai chiesto di occuparmi di mafia . Ci sono entrato per caso. E poi ci sono rimasto per un problema morale. La gente mi moriva attorno."

"Devo fare in fretta, perché adesso tocca a me."

Dedicato al giudice Paolo Borsellino

Siamo ancora un pò tutti talebani ( e soli )

Oggi, grazie alla diffusione delle pratiche anticoncezionali, la sessualità è sganciata dalla riproduzione, la donna può guardare alla sua sessualità non più come un ineluttabile destino ma come una libera scelta. Può cioè esprimere la sua sessualità come crede, anche se la psiche, essendo più lenta delle accelerazioni della storia, non ha ancora interiorizzato questa libertà, sia nei maschi dove il retaggio storico ancora condiziona e determina il giudizio negativo sulla libertà sessuale delle donne, sia nelle donne che tendono a contenere la loro libertà sessuale per non precludersi la possibilità di un rapporto coniugale.
Mi sembra che siamo ancora tutti abbastanza TALEBANI, anche se le donne non vanno in giro col burqa , non hanno ancora liberato la loro anima a causa del pregiudizio maschile.
Quando sento dire (spesso pontificare) da alcuni pseudo-politici o tuttologi dell'ultima ora, con molta superficialità, che bisogna liberare le donne mediorientali dal velo o burqa, mi domando sempre se coloro che lo chiedono sanno quali macchine antropologiche e psicologiche, per non parlare delle macchine che governano quell'ordine sociale, occorra terremotare.
E' ovvio che siamo (noi occidentali) tutti daccordo affinchè ci sia una emancipazione, ma è lo sbraitare di noi occidentali, il parlare senza ragionare, il parlare " della casa degli altri" come fosse la nostra che mi infastidice. Non basta dire "DEMOCRAZIA" e pretendere di esportarla (vedi Iraq!), se a una cultura non si lascia il tempo necessario alla sua evoluzione, soprattutto in tema di emancipazione femminile e sessuale che, di tutte le rivoluzioni, è la più decisiva, quella che più incide nelle trasformazioni sociali. A nessuno è venuto mai in mente che proprio il nostro ' 68 è stato accompagnato dai movimenti femministi? E cosa parlavano i movimenti femministi? forse della condizione operaia o studentesca? NO , si chiedeva libertà sessuale, emancipazione della condizione femminile.
Solo la miopia e la superficialità dei benpensanti di oggi , della cultura americana , possono ignorare queste cose...........e noi al seguito.

lunedì 15 dicembre 2008

Domande

" Non sempre una domanda chiede una risposta.
Spesso chiede di essere dispiegata affinchè ceda quello che ha di più essenziale e dischiuda i riferimenti che si aprono quando ci si appropria di ciò che segretamente custodisce.
La risposta, infatti, è solo l'ultimo passo del domandare.
E una risposta che congeda il domandare annienta se stessa come risposta........."

M.Heidegger

Grazie a chi,un giorno, mi invitò nel segreto delle domande

Lorenzo

domenica 14 dicembre 2008

Sulla prostituzione

Qualche giorno fa, io e qualche collega mio, abbiamo intavolato una discussione sul problema della prostituzione.
Ovviamente ne sono uscite di tutti i colori, dalla proposta delle case chiuse, al fatto di "ripulire le strade" ed altre assurdità del genere.
Rispondo loro con questa frase di Kate Miller, che rispecchia il mio pensiero:

"L'uomo trova un credito morale trattando con condiscendenza la prostituta, senza smettere di scopare la puttana, congratulandosi con se stesso per essersi accorto della sua miseria"

A buon intenditor............

Lorenzo

sabato 13 dicembre 2008

Pensiero come calcolo


"Ciò che oggi domina è il pensiero come calcolo che giunge persino a mettere l'uomo nel proprio conto."

M.Heidegger

venerdì 12 dicembre 2008

Facce


"Nessuno puo' mostrare troppo a lungo una faccia a se stesso e un'altra alla gente senza finire col non sapere piu' quale sia quella vera."
Nathaniel Hawthorne

mercoledì 10 dicembre 2008

Censura



"Quale che sia la censura, essa mi sembra una mostruosità, qualcosa di peggio dell'omicidio; l'attentato contro il pensiero è un crimine di lesa anima. La morte di Socrate pesa ancora sul genere umano."

G.Flaubert

martedì 2 dicembre 2008

Sulla conoscenza al giorno d'oggi



Negli ultimi trent'anni siamo stati traghettati in una fase dove le cose che sappiamo ,dalle più elementari alle più complesse,non le dobbiamo necessariamente averle lette,ma semplicemente averle viste in televisione, oppure "sentite da qualcuno".
A questo punto è giusto chiedersi, come la tecnologia ha cambiato il nostro modo di attingere alle informazioni, agli oggetti,ai fenomeni. Tutto ciò ha cambiato il nostro modo di pensare?
L'intelligenza simultanea è caratterizzata dalla capacità di trattare più informazioni contemporaneamente,senza però stabilire una successione,quindi una gerarchia.
Esempio vediamo in tv oggi un programma sulla fame del mondo e poi ,appena dopo, l'isola dei famosi, il nostro cervello non dà una priorità, sono informazioni eguali; oppure quando guardiamo un quadro è impossibile sapere cosa guardare prima.
L'intelligenza sequenziale, invece, che usiamo per leggere, necessita di una successione rigorosa e rigida che articola e analizza i codici grafici disposti in linea(in sequenza). Sull'intelligenza sequenziale poggia tutto il patrimonio culturale dell'occidente.
Quest'ultima,al giorno d'oggi è entrata in crisi.
E' entrata in crisi per opera di un ritorno all'intelligenza simultanea,più consona all'immagine che all'alfabeto.La religione, dai suoi albori, ha tramandato il suo "sapere" al popolo tramite le icone, non con la scrittura,cosa che invece è stata usata per tramandare il sapere fra dotti.
Radio, televisione,telefono hanno riportato al primato dell'udito e della vista come scambio di informazioni tramite suoni e percezione di immagini.La conseguenza è una modifica dell'intelligenza,la quale, da una forma evoluta(scrittura e lettura) regredisce ad una forma più elementare.
Guardare è più facile che leggere,quindi,noi lettori di libri saremmo sempre di più rari e a volte strani!
L'homo sapiens è sempre di più homo videns,che non è portatore di pensiero, ma fruitore di immagini, con conseguente impoverimento del capire e della capacità di critica.
Una moltitudine che non capisce e non critica è il bene più prezioso per chi ha interesse a manipolare le folle.

Lorenzo

lunedì 1 dicembre 2008

Essere umano


"In ogni atto di sensazione, di ragionamento o di pensiero, siamo consapevoli di fronte a noi stessi del nostro essere, e, su questo punto, non manchiamo di attingere il più alto grado di certezza."


J.Locke (Saggio sull’intelligenza umana, libro IV, 9)

sabato 29 novembre 2008

L'agire

"Agire" significa spesso, ed in modo errato, soltanto "fare".
E sotto il mito dell'efficienza meccanismi impersonali prendono il posto delle valutazioni personali.
Con l'effetto di una irresponsabilità generalizzata.

Lorenzo

La società come clinica

In questi giorni ho sentito troppo spesso parlare del disagio giovanile ( e non) sotto il profilo medico/clinico. Penso che stiamo importando la tendenza americana a clinicizzare tutto. Ogni insufficienza di tipo comunicativo,ogni disagio, viene catalogato come caso clinico, quindi curabile con farmaci, Ritalin, Prozac.... I farmaci non sono un rimedio alla comunicazione mancata, basti pensare che molte persone ricorrono a" farmaci" contrari tipo cocaina o mariuana o altro! Si parla dei giovani, ma non ho mai sentito parlare, in modo serio, di come erano prima di essere ragazzi, cioè bambini.
Noi, trasmettendogli un sorriso,spesso ricambiato, di vittoria su una competizione con altri figli abbiamo insegnato loro la "stupida competizione.
La mia domanda è: perchè riempivamo di baci i nostri figli piccoli per poi fare a gara con gli altri genitori su chi contava meglio? su chi conosceva più marche di auto o sapeva leggere le targhe?
Quanto mondo
sia stato veicolato dalla nostra presenza " attiva" che seguiva i loro itinerari di scoperta, rassicurandoli e mettendoli in guardia in modo che potessero apprendere gli itinerari fiduciosamente praticabili e quelli rischiosi nel loro modo ingenuo di essere al mondo? Quanto invece abbiamo parlato con loro e soprattutto quanto li abbiamo ascoltati?
I bambini non crescono come le piante,dove basta un seme caduto in un terreno adatto,magari preparato con cura .
I bambini crescono bene solo se si parla tanto con loro,non con parole tipo " fai questo,fai quello"ma con parole curiose per scoprire il perchè dei loro movimenti,delle loro congetture con cui i bambini creano lo schema del loro mondo, in cui noi siamo ospiti come compagni di viaggio, non come spettatori. La clinica non sara mai in grado di fare, dopo,quello che fa la buona pratica umana. Anche perchè dopo, quando saranno ragazzi......sarà tardi, non ci faranno entrare nel loro mondo nemmeno come spettatori.

Lorenzo

The ideal Mom

"Tutelare i figli oltre misura significa privarli della vita che un giorno abbiamo dato loro. Troppo spesso ,in questa pratica, si è spettatori . Fare i moderni genitori significa spesso non sopportare di spartire l'azione educativa con adulti esterni portatori di differenze che, per quanto minime, possono interferire con il progetto famigliare di realizzare IL BAMBINO IDEALE."
Lorenzo

martedì 25 novembre 2008

La mia vita



"No.
La vita non mi ha disilluso. Di anno in anno la trovo invece più ricca, più desiderabile e più misteriosa - da quel giorno in cui venne a me il grande liberatore, quel pensiero cioè che la vita potrebbe essere un esperimento di chi è volto alla conoscenza - e non un dovere, non una fatalità, non una frode. E la conoscenza stessa: può anche essere per altri qualcosa di diverso, per esempio un giaciglio di riposo o la via ad un giaciglio di riposo; oppure uno svago o un ozio; ma per me essa è un mondo di pericoli e di vittorie, in cui anche i sentimenti eroici hanno le loro arene per la danza e per la lotta. "La vita come mezzo della conoscenza" - con questo principio nel cuore si può non soltanto valorosamente, ma perfino gioiosamente vivere e gioiosamente ridere."

F.Nietzsche

Pare strano ma è così







"Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori"
F.De Andrè

venerdì 21 novembre 2008

Nullità


Sentirsi solo è diverso da voler stare da soli.
Stare da soli, per un certo periodo,per qualche ora o per qualche giorno è una esigenza.
Sentirsi solo è sentire il vuoto dentro, una voragine senza fine.
Sentire il nulla.
Il Nulla è un "non-luogo" , io vivo in un non-luogo.
Se vivi in un non-luogo nessuno ti vede........................ quel nessuno è la persona che ami di più al mondo.

Sant'Agostino diceva che la felicità è desiderare quello che si ha, ma a quello che si ha non servi a nulla, dice che non hai mai fatto nulla per lei, beh ti ha rinchiuso in quel non-luogo, pattumiera della tua anima, pronto forse per essere dimenticato.
Se ho pianto di gioia forse quelle lacrime le avevo rubate al dolore

Lorenzo

lunedì 17 novembre 2008

Il favore della moltitudine


"Non cercare il favore della moltitudine: raramente esso si ottiene con mezzi leciti e onesti.
Cerca piuttosto l'approvazione dei pochi; ma non contare le voci, soppesale!"
I.Kant

domenica 16 novembre 2008

Notte da incubo


Notte da incubo.....ma devo farcela da solo.
...........................senza di lei(......)
Lorenzo

mercoledì 12 novembre 2008

Essere


"La caratteristica di una vita morta è di essere una vità di cui l'altro diventa il guardiano."


Jean-Paul Sarte, L'essere e il nulla

Coscienze


Tradire, parola grossa, forse talmente grossa che non le abbiamo dato il giusto peso.
Che cosa significa tradimento?
Di una persona si dice che ha tradito il Paese, gli amici, la persona amata.
In realtà l'unica cosa che abbia tradito è la sua coscienza.
Ma oggi la coscienza è relegata solamente all'ambito religioso anzichè etico/morale.
Per Kant la coscienza "morale" è un tema centrale: celebre è la sentenza «Il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me». La coscienza dunque è la "voce" che la legge morale (ossia l'imperativo categorico) assume nelle esistenze umane,tramite la ragione.
Oggi ,questa "voce" è solamente la voce di un Dio,il quale,tramite l'assoluzione,perdona ogni cosa........salvando l'anima.

Lorenzo

Se l'altro se ne va

Quando l'altro se ne va, restiamo senza identità, ci sentiamo nessuno.
Ma è colpa nostra di esserci disimpegnati da noi stessi, di esserci abbandonati, di aver fatto dipendere la nostra identità "dall'amore" per l'altro.
Ma una cosa ricordo sempre:
nel tradimento ciò di cui soffriamo non è il congedo dell'altro,ma la perdita di noi, quella parte importante di noi che avevamo affidato all'altra persona.
Sembra infatti che la vita non sia stata scritta nel segno della fedeltà.
Perchè?
Perchè la vita preferisce di più chi ha incontrato se stesso e sa chi davvero è, rispetto a chi ha evitato di farlo per stare rannicchiato in un area protetta.
Ecco il camuffamento dei nomi, per comodità o altro, fa chiamare fedeltà e amore quello che in realtà è insicurezza, per quell'atavico terrore di incontrare se stessi.
La fedeltà, in realtà, è coscienza. Tradire è tradire se stessi.
Lorenzo

lunedì 10 novembre 2008

Sull'uso della ragione come compito etico

















Se l'illuminismo fosse solo una corrente di pensiero o il tratto tipico di un'epoca storica, la discussione potrebbe essere confinata nell'ambito delle dispute filosofiche.
Dopo avere definito lo stato di minorità da cui l'umanità deve uscire come "l'incapacità di servirsi del proprio intelletto", Kant attribuisce la responsabilità di tale minorità all'uomo stesso"quando la causa non risiede nell'intelletto stesso,ma dipende dalla mancanza di determinazione e di coraggio nel servirsene,appunto,senza la guida degli altri".
Quindi c'è una responsabilità a non essere illuministi, che non investe solo le sorti della conoscenza, ma la dignità stessa dell'uomo, che rinuncia a servirsi, proprio di ciò che lo distingue: l'uoso della ragione.
Con l'Illuminismo, il gesto filosofico diventa " gesto etico " e, per effetto di questa saldatura, l'illuminismo non è più solo la caratteristica di un'epoca storica, ma la prerogativa della condizione umana, che non può essere disattesa, se non al costo,come dice Kant " di violare e calpestare i sacri diritti dell'umanità".
E' quindi eticamente doveroso essere illuministi, non solo per salvaguardare l'autonomia del proprio giudizio,ma anche per garantire questa autonomia alle generazioni future,della ui libertà di pensiero siamo responsabili.
quanto basta per dire che l'illuminismo,quindi l'uso della ragione, non è una caratteristica di un'epoca, ma un dovereetico da trasmettere ogni volta che una religione, una visione del mondo, un'autorità, una propaganda tendono a far passare se stesse e i loro contenuti come verità assolute, a cui bisogna semplicemente aderire rinunciando ad indagare.
Questo è il messaggio dell'Illuminismo,non un semplice gesto filosofico, ma una carica di "doverosità etica",per l'emancipazione del genere umano.
La chiesa ,ovviamente è antiilluminista.
Tramite i suoi filosofi e teologi,ha lanciato,da qualche anno, una campagna contro quell'epoca.
Si può riscontrare in quelle tesi solamente una svalutazione dell'uomo.
A parer loro l'uomo è incapace di pervenire da sè a delle verità e quindi bisognoso di un indottrinamento, di una guida, o ,come diceva Kant "di tutori".
Socrate.d'altro canto,riteneva che l'uomo da solo,attraverso il dialogo, poteva cercare la verità tramite l'uso della ragione (come Kant del resto).
Questa è la differenza tra il metodo Socratico e il metodo Catechetico. Chi è persuaso di possedere la verità(i catechesi) ritiene che il compito sia quello di trasmetterla con modalità più o meno intolleranti a seconda delle epoche storiche.

Lorenzo

Sul cattolicesimo in Italia


Tra l'attuale destra italiana e la chiesa cattolica esiste una santa alleanza che è strumentale e non occasionale, dovuta al fatto che a entrambe manca il concetto di Stato e di bene comune.
E' qui non mi riferisco al fatto che l'attuale leader della destra(?) italiana stato sottoposto a svariati giudizi da parte della magistratura, ma al fatto che la destra,per sua natura conservatrice, tende a difendere i privilegi acquisiti più di quanto non tuteli i principi di solidarietà, quali il pagamento delle tasse ecc...
Inoltre è nel codice genetico della destra la difesa dell'individuo quale " libertas a lege" , libertà dalla legge, quindi difesa dei provilegi.
La chiesa cattolica, dal canto suo, condivide con la destra il primato dell'individua rispetto alla comunità, perchè la salvezza dell'anima è individuale. Ed essendo questa salvezza la cosa più importante, la chiesa ha sempre concepito la Stato non come istituzione preposta al bene comune, ma come organismo che ha per suo compito la "limitazione del male", ossia la rimozione degli ostacoli che si frappongono al conseguimento della salvezza individuale, separando eticamente l'individuo dalla società.
Scrive Aristotele nella politica:
Le stesse cose sono le migliori e per l'individuo e per la comunità
e sono queste che il legislatore deve infondere nell'animo degli uomini.
Gli uomini, infatti, hanno lo stesso fine
sia collettivamente che individualmente,
e la stessa meta appartiene di necessità
all'uomo mogliore e alla costituzione migliore."
Al contrario Sant'Agostino scrive nel De civitate Dei:
" Due sono le città: l'una è formata dagli uomini che vogliono vivere secondo la carne,
l'altra da quelli che vogliono vivere secondo lo spirito.
La vera giustizia è solo quello stato fondato e retto da Cristo.


Partendo da queste premesse Rousseau non può che concludere dicendo" Il cristianesimo, lungi dall'affezzionare il cuore dei cittadini allo Stato,li distacca come da tutte le altre cose terrene. Non conosco nulla di più contrario allo spirito sociale."
La destinazione ultraterrena dell'uomo e la conseguente limitazione della sfera di influenza dello Stato risulta evidente dal confronto tra la mentalità greca,che non separa l'individuo dalla società e la mentalità cristiana che questa separazione la effettua di fatto e di principio.
Mi pare proprio che l'attuale destra italiana e la chiesa cattolica sia più vicina ai dettami di Sant'Agostino che ad Aristotele o Rousseau.

Lorenzo

sabato 8 novembre 2008

Sentiero


Se non puoi essere una via maestra, sii un sentiero.

Se non puoi essere il sole, sii una stella.

Sii sempre il meglio di ciò che sei.


M.L. King

giovedì 6 novembre 2008

Sulla vita e sulla morte


L'eutanasia non è suicidio, perchè nel suicidio la pulsione di morte ha il sopravvento sulla pulsione di vita,mentre nel caso dell'eutanasia non siamo in presenza di una devastante pulsione di morte, ma di una voglia di vivereche però al soggetto pare insostenibile per le condizioni in cui versa la sua vita resa possibile solo dalle macchine che sostengono il suo organismo.
La tecnica infatti ha creato un tempo intermedio tra la vita e la morte, dove una vita organica si protrae o in assenza di una vita cognitiva o in conflitto con la capacità di sopportazione del paziente, che in questo caso chiede di essere aiutato a morire.
Di eutanasia si può parlare solo in questo secondo caso in cui si asseconda la libera volontà espressa da un malato di porre fine alla sua esistenza quando si verificano alcune condizioni che la rendono insopportabile.
Perchè quindi tanta incertezza??
Perchè è incerto il nostro concetto di vita, che oscilla tra l'anonimato dell'organismo e quella personalizzata del'individuo che non lascia riconsere alcuma immagine di sè.
Sulla prima posizione è attestata la chiesa cattolica e la convinzione che molti credenti che ,partendo dal concetto che la vita è un dono di Dio, ne chiedono il rispetto fino all'ultimo respiro.
Il problema dell'eutanasia non mette in gioco il valore della "vita" , ma il valore dell'individuo che, in certe condizioni,può non ritenersi degno di sè, e può quindi sentirsi in diritto di decidere di sè come meglio crede.
La scienza fa benissimo ad attenersi rigorosamente al suo sguardo , ma malissimo faremmo noi ad abbassare il nostro sguardo sulla vita e sulla morte a livello dello sguardo scientifico.
Perderemmo nell'ordine:
la nozione di persona a favore di organismo
la nozione di individuo a favore di genere umano
la nozione di vita ridotta a semplice prolungamento del nostro "quantitativo biologico", dimenticando che la vita è essenzialmente biografia, reperimento di un senso, spazio di libertà e di.......decisione.

Lorenzo

L'eutanasia e il diritto a una buona morte


Il diritto di morire non ha a che fare con il suicidio.
L'essere in presenza di una malattia incurabile come causa di morte ci consente di distinguere tra il non contrastare la morte e il suicidarsi, tra il lasciarsi morire e il provocare la morte.

Lorenzo

lunedì 3 novembre 2008

Il principio universale



Scrive Kant:

" Nessuno mi può costringere ad essere felice a modo suo,ma ognuno può ricercare la sua felicità per la via che a lui sembra buona,purchè non rechi pregiudizio alla libertà altrui.
La sua libertà deve coesistere con quella di ogni altro secondo principi di una legge universale"


Per Kant, libertà e felicità, rappresentano due lati della stessa medaglia.

Se si pretende di sciogliere questo modello fondante della società civile si finisce sicuramente in una sorta di "governo paternalistico" proprio perchè ritiene i cittadini "Immaturi" come se fossero minorenni.

Ma il principio collante di tutto questo è quella "Legge universale" della frase finale.

Io non posso decidere di comportarmi come voglio, devo sempre tenere presente che devo agire come se questo mio comportamento fosse una legge universale, quindi VALIDO PER TUTTI.

NESSUNO MI PUO COSTRINGERE AD ESSERE FELICE A MODO SUO.........ognuno deve poter sciegliere ,liberamente, di essere felice come vuole, senza urtare la libertà degli altri, ma a modo suo, senza costrizioni, senza modelli precostituiti,solo con gli obblighi morali.

Per obblighi morali ,Kant, intende non l'adeguarsi alle leggi di Dio( o della natura)ma è l'uomo stesso che pone i suoi valori morali.

Valori morali sotto l'imperativo categorico ,cioè leggi che seguano principi universali.




domenica 2 novembre 2008

My life in Roma ( and my hearth)


Ogni volta che lascio questa città lascio anche un pezzo del mio cuore.
Ma sono contento che questa mia parte dell'anima sia al sicuro e custodita con amore.


lunedì 27 ottobre 2008

Incomprensione



Dedicato a me stesso:
"Anche se la ragione non serve sempre non potrai mai liberarti della incomprensione. E' vero, è strana, ma è proprio grazie a questa che in parte ci fa capire il prossimo. E' impossibile evitarla. Dovrai affrontarla prima o poi."
(Bergson)

domenica 26 ottobre 2008

Sulle classi divise




Partiamo da un unico presupposto: il problema del multiculturalismo nelle scuole ,specialmente elementari e medie, esiste.
Esiste il problema della incomunicabilità linguistica all'interno di queste classi.
Come risolverlo? io non lo so,non sono un esperto e qualsiasi proposta potrebbe causare dei danni.Però di principi me la sento di parlare,anzi,ne devo parlare,perchè è sui principi che si vede il grado di civiltà e modernità di una società. E' sui principi ,come quello dell'educazione garantita per tutti, che ogni persona che viva su un suolo di uno stato che si dica moderno deve dire la sua.
Altro principio molto importante, oltre quello delle libertà, è quello del rispetto delle regole. Regole,le nostre, di un mondo occidentale e liberale (da non confondere liberale nel senso di partito liberale) che garantiscono un modello di vita improntate sul rispetto della persona,sui suoi diritti, sui suoi doveri,sulle sue libere scelte.
Le società occidentali hanno fatto loro,ad esempio i principi fondamentali della carta dell'ONU, di derivazione illuministica.

La scuola deve essere vista come il modello base per una integrazione delle persone viventi in una certa comunità.

Si comprende, così, perché, alla base di ogni società democratica debba esservi almeno il riconoscimento dei singoli in un nucleo di principi politici fondamentali. L'individuazione di un tale spazio di condivisione è condizione fondamentale, inoltre, per dare vita ad una discussione proficua sul significato di altri elementi più controversi e non ancora condivisi: è necessario, infatti, avere un sistema di riferimento stabile, sulla base del quale intendersi, per dare vita ad una discussione di qualunque genere.Entro un contesto omogeneo tale spazio per la condivisione risulta essere caratterizzato da un accordo sui valori, sulle concezioni della vita buona, che si traduce in una identità collettiva stabile e riconoscibile anche a livello politico; entro realtà “multiculturali”, invece, l'eterogeneità delle identità e delle dottrine comprensive impedisce un accordo così profondo e sostanziale; di qui la necessità di aprire uno spazio di condivisione, almeno a livello politico, giuridico.Come evidenzia lo stesso Habermas, infatti, “il diritto è l'unico medium che possa garantire una solidarietà tra estranei nelle società complesse” [Habermas, 1997, p.96]: si comprende, così, il carattere inevitabilmente artificiale e discorsivamente costruito dell'identità collettiva di una società complessa, in cui individui, o gruppi, profondamente divisi, si trovano a dover convivere, non condividendo né ideali, né credenze, ma essendo tutti ugualmente motivati a realizzare una modalità pacifica di convivenza.

La condivisione si presenta, dunque, come un fatto prettamente politico, e costruito a partire dalle differenti dimensioni identitarie e culturali, cui appartengono soggetti che, dovendo convivere entro contesti eterogenei, cercano, tenendo presenti le esigenze e le richieste di ognuno, un accordo sui principi giuridici che renda possibile tale convivenza.Questo accordo viene raggiunto per mezzo di una discussione, cui partecipano tutte le parti in causa, o i loro rappresentanti: una discussione in cui tutte le voci hanno lo stesso diritto di farsi ascoltare; una discussione il cui risultato consisterà nell'individuazione di alcune norme cui gli stessi attori dovranno sottomettersi.Presentando la natura discorsiva dell'accordo politico, Habermas introduce il concetto di agire comunicativo, in virtù del quale “l'importante funzione d'integrazione sociale viene a cadere sulle vincolanti energie di un linguaggio orientato all'intesa"

Detto questo,ho dimostrato che la divisioni in classi "per razze" è contraria ai principi sopra esposti.

Mi chiedo se queste cose siano state esaminate dal ministro della pubblica (D)istruzione. Ma il dibattito ,mi sa, non coinvolge nessuno su questi principi.................meglio indovinare chi è la talpa nell'isola.

Lorenzo



lunedì 20 ottobre 2008

Il mito della caverna

Al centro della “CITTÀ” detta anche “REPUBBLICA” si colloca un celeberrimo mito detto “della caverna”.
Immaginiamo degli uomini che vivano in una abitazione sotterranea, in una caverna che abbia l’ingresso aperto verso la luce per tutta la sua larghezza, con un lungo andito d’accesso; e immaginiamo che gli abitanti di questa caverna siano legati alle gambe ed al collo in modo che non possano girarsi e che quindi possano guardare unicamente verso il fondo della caverna medesima.
Immaginiamo poi che, appena fuori dalla caverna, vi sia un muricciolo ad altezza d’uomo e che dietro questo, (quindi interamente coperti dal muricciolo) si muovano degli uomini che portano sulle spalle statue lavorate in pietra e in legno, raffiguranti tutti i generi di cose.
Immaginiamo, ancora, che dietro questi uomini arda un grande fuoco e che, in alto, splenda il sole.
Infine immaginiamo che la caverna abbia una eco e che gli uomini che passano al di là del muro parlino e che le loro voci rimbalzino per effetto dell’eco.
Ebbene, se così fosse, quei prigionieri non potrebbero vedere altro che le ombre delle statue che si proiettano sul fondo della caverna e udrebbero l’eco delle voci; ma essi crederebbero anche che le voci dell’eco fossero le voci prodotte da quelle ombre.
Ora, supponiamo che uno di questi prigionieri riesca a sciogliersi a fatica dai ceppi; ebbene, costui con fatica riuscirebbe ad abituarsi alla nuova visione che gli apparirebbe e, abituandosi, vedrebbe le statuette muoversi al di sopra del muro e capirebbe che quelle sono ben più vere di quelle cose che prima vedeva e che ora gli appaiono come ombre.
Supponiamo che qualcuno tragga il nostro prigioniero fuori della caverna e al di là del muro; ebbene, egli resterebbe abbagliato prima dalla gran luce e poi, abituandosi, vedrebbe le cose stesse e, da ultimo, prima riflessa e poi in se, vedrebbe la luce stessa del sole e capirebbe che queste e solo queste sono le realtà vere e che il sole è causa di tutte le altre cose visibili.

Innanzitutto, il mito della caverna simboleggia i generi dell’essere sensibile e soprasensibile con le suddistinzioni:
le ombre della caverna sono le mere parvenze sensibili delle cose, le statue le cose sensibili; il muro è lo spartiacque che divide le cose sensibili e le soprasensibili; al di là del muro le cose simboleggiano il vero essere e le Idee, e il Sole simboleggia l’Idea del Bene.
In secondo luogo, il mito simboleggia i gradi di conoscenza nelle due specie e nei due gradi di queste: la visione delle ombre simboleggia l’immaginazione, e la visione delle statue simboleggia la credenza; il passaggio della visione delle statue alla visione degli oggetti veri e la visione del sole, prima mediata e poi immediata, rappresenta la dialettica nei vari gradi e la pura intellezione.
In terzo luogo simboleggia l’aspetto mistico e teologico del platonismo: la vita nella dimensione dei sensi e del sensibile è vita nella caverna, così come la vita nella dimensione dello spirito è vita nella pura luce; il volgersi dal sensibile all’intellegibile è espressamente rappresentato come conversione; e la visione suprema del sole e della luce in se è visione del Bene e contemplazione del Divino.
Nella concezione squisitamente platonica si esprime, in quarto luogo, la concezione politica. Platone parla infatti anche di ritorno nella caverna di colui che si era liberato dalle catene, di un ritorno che ha come scopo la liberazione dalle catene di coloro in compagnia dei quali, egli prima era schiavo. Questo ritorno è indubbiamente il ritorno del filosofo – politico, il quale se seguisse il suo solo desiderio, resterebbe a contemplare il vero, e invece superando il suo desiderio, scende per cercare di salvare anche gli altri ( il vero politico, secondo Platone, non ama il comando ed il potere, ma usa comando e potere come servizio per attuare il bene).
Ma l’uomo che ha “visto” il vero Bene, dovrà e saprà correre il rischio di non essere creduto e di non potersi più riadattare e riabituare al buio, quando ritornerà nella caverna.
Lorenzo

sabato 18 ottobre 2008

Complicità


La complicità passa anche attraverso segni per altri incomprensibili ma che hanno un significato profondo per i destinatari del linguaggio complice.

TI COM

Lorenzo

giovedì 16 ottobre 2008

Sulle classi separate


"C'è questo da dire in favore del giornalismo moderno. Dandoci le opinioni degli illetterati, ci tiene in contatto con l'ignoranza della comunità. Passando in rassegna con cura gli avvenimenti della vita contemporanea, ci fa vedere quanto poco importanti siano. Discutendo sempre di cose non fondamentali, ci fa capire cosa sia la cultura e cosa no."

Oscar Wilde


Parto da questa frase per iniziare una serie di post riguardo la cultura e la scuola.
Sono rimasto sconvolto dall'emendamento della Lega (ma non meravigliato!) sull'istituzione delle classi separate per stranieri.
Lo scadimento della società italiana non ha proprio fine.


martedì 14 ottobre 2008

Riflessioni




Lo studio è sempre stato per me il rimedio sovrano contro il disgusto della vita, e non ho mai provato un dolore che un'ora di lettura non sia riuscita a far svanire.
(Montesquieu)

lunedì 13 ottobre 2008

Quando gli angeli cantavano,ballavano e suonavano


E' vero che dalle finestre
non riusciamo a vedere la luce
perché la notte vince sempre sul giorno
e la notte sangue non ne produce,
è vero che la nostra aria
diventa sempre più ragazzina
e si fa correre dietro
lungo le strade senza uscita,
è vero che non riusciamo a parlare
e che parliamo sempre troppo.

E' vero che sputiamo per terra
quando vediamo passare un gobbo,
un tredici o un ubriaco
o quando non vogliamo incrinare
il meraviglioso equilibrio
di un'obesità senza fine,
di una felicità senza peso.
E' vero che non vogliamo pagare
la colpa di non avere colpe
e che preferiamo morire
piuttosto che abbassare la faccia, è vero
cerchiamo l'amore sempre
nelle braccia sbagliate.

E' vero che non vogliamo cambiare
il nostro inverno in estate,
è vero che i poeti ci fanno paura
perché i poeti accarezzano troppo le gobbe,
amano l'odore delle armi
e odiano la fine della giornata.
Perché i poeti aprono sempre la loro finestra
anche se noi diciamo che è
una finestra sbagliata.

E' vero che non ci capiamo,
che non parliamo mai
in due la stessa lingua,
e abbiamo paura del buio e anche della luce, è vero
che abbiamo tanto da fare
e non facciamo mai niente.
E' vero che spesso la strada ci sembra un inferno
e una voce in cui non riusciamo a stare insieme,
dove non riconosciamo mai i nostri fratelli,
è vero che beviamo il sangue dei nostri padri,
che odiamo tutte le nostre donne
e tutti i nostri amici.

Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l'amore
e rotolarsi per terra,
ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggiore
ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.

Claudio Lolli (1976)

Quando gli angeli sapevano cantare

Lorenzo


domenica 12 ottobre 2008

Tutto l'amore del mondo(on the road)

Venuta meno la promessa di un futuro, genitori e insegnanti non sono più in grado di indicare la strada. La perdita di autorità, il rapporto paritario (quello sbagliato,perchè c'è un modo giusto di essere paritari ma non è questo), hanno lasciato i giovani soli di fronte alle loro pulsioni e alle loro ansie. La famiglia e la scuola non li aiutano più a costruirsi una identità. Gli insegnanti istruiscono, non educano, non rafforzano con riconoscimenti, deprimono piuttosto con critiche e derisioni. quel potente motore di formazione culturale che è l'autostima. L'identità, un bisogno assoluto per ciascuno di noi, si costruisce attraverso il riconoscimento dell'altro. Se questo manca, se famiglia e scuola sono assenti, resta la strada con le sue lusinghe. Non una strada alla Kerouac,piena di esperienze,anche negative, ma con una visione del futuro(L'avventura cosa è se non futuro?),mauna strada con le sue lusinghe di sesso, alcool, droga, nel parossismo di una musica sparata e di una velocità elettrizzante......nichilista. Le conseguenze sono la rimozione del reale per l'incapacità di affrontarla o la frustrazione che spinge verso il divertimento. Il rifugio nel sesso e nella droga è il rimedio per chi non è stato accettato nella realtà a causa dei mancati riconoscimenti. Galimberti dice: “I giovani cercano i divertimenti perché non sanno gioire" Ma la gioia è soprattutto gioia di sé, quindi identità riconosciuta, realtà accettata, frustrazione superata, rimozione ridotta al minimo”. La scuola non fa nulla di tutto questo, svolge i programmi ministeriali, ritiene che il suo compito è istruire, non educare. Così i nostri ragazzi trascorrono l'adolescenza e la prima giovinezza parcheggiati nella terra di nessuno dove famiglia e scuola brillano per assenza, il tempo è vuoto, l'identità non ha riscontri, l'autostima deperisce. Un modo per uscirne è quello di “risvegliare e consentire a giovani di dischiudere il loro segreto, spesso a loro stessi ignoto”. Nel segreto della giovinezza troviamo come prima figura l'espansività, che vuol dire pienezza, la potenza che esprime lo spirito di sfida del giovane contro gli elementi, l'accelerazione della vita, la coralità giovanile,(noi in coro urlavano no alla guerra in Vietnam!) cioè la sensazione di appartenere ad una comunità nascente, di essere tra giovani prima ancora che nel mondo, lo stupore incantato del riconoscimento da cui nasce la propria identità “attraverso quel palpito che muove migliaia di cuori che fanno un unico cuore” (Aleixandre) per intonare “il canto di tutto l'amore del mondo” (Apollinaire); e pure l'adesione alla pienezza della vita, la passione, l'utopia giovanile che non è necessariamente una fuga nel sogno, ma un pensare con il cuore che immette nel pensiero una corrente di calore. Altre figure sono il viaggio per assorbire visi, parole, moltitudini, per non morire di noia, la sfida per mettersi alla prova, la trasformazione come missione creativa del cambiamento, la riappropriazione di quanto di energia si è depositato “nel sottosuolo dell'anima”. Galimberti avverte che il rimedio proposto non è di facile e immediata attuazione. Esso si trova nel riconoscimento di quello che ciascuno di noi propriamente è, quindi della propria capacità. L'esistenza è giustificata non dalla ricerca di un senso, ma dall'arte del vivere che consiste nel riconoscere le proprie doti e nel saperle mettere a frutto approdando così a “quell'espansione della vita a cui per natura tende la giovinezza e la sua potenza creativa.
Riprendetevi la strada e vivetela...........on the road

Lorenzo,49 anni............ho urlato tutto l'amore del mondo da ragazzo......e non ho ancora smesso.

mercoledì 8 ottobre 2008

Libertà


"La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta."

(Theodor Wiesengrund Adorno)

martedì 7 ottobre 2008

Solitudine e folla


L'uomo della folla, di Edgar Allan Poe, si apre a Londra "sul finire di una sera autunnale". Attraverso la vetrata dei terrazzi del caffè in cui è seduto, il protagonista vede sfilare la grande massa - la "calca" - in decine di categorie sociali che anticipano quelle di questi anni: per esempio, i giovani "con gli abiti attillati, gli stivali lucidi, i capelli impomatati e le labbra sprezzanti" ricordano tanti giovani manager palestra-fuoristrada-gel-Rolex della neoborghesia cafona italiana. Poi, sempre in rigorosa soggettiva, viene attratto dal volto di un vecchio. Lo pedina: e l'inseguimento, in un succedersi di svolte ubriacante e onirico, che si fa a ogni passo più angoscioso, lo porterà per ventiquattr'ore ininterrotte nelle zone più nebbiose, depressive, alienate della città, le zone del proletariato, dove si respirano un "disagio", un'"irrequietezza", una "disperazione" che sono le stesse viste sul volto del vecchio. Al tramonto successivo, l'inseguitore cede, esasperato dal fatto che l'inseguito ("l'uomo della folla") non si fermi mai, che sia come costretto a macchiarsi del "crimine più abietto", cioè "rifugge la solitudine". Ma è davvero una fuga? Nell'inizio del racconto Poe descrive degli impiegati - dei dannati - che procedono "con fare inquieto, gesticolando e parlando tra sé, come se si sentissero soli proprio a causa della folla".

Ho dovuto sorridere in questi giorni, così mi si richiedeva, così ho fatto...........
Lorenzo

Sull'integrazione sociale


Dal punto di vista sociologico, si possono mettere in rilievo tre categorie concettuali di riferimento: integrazione, interazione, inclusione, ognuna delle quali mette in moto un meccanismo relazionale che ha esiti diversi. Tra i tre termini è l’ultimo quello più innovativo, in quanto scaturito dal dibattito sulle relazioni interculturali. Inclusione “dell’altro” significa accogliere all’interno di un sistema la diversità che l’altro di per sé incarna, facendone parte costitutiva, basata “…sul riconoscimento reciproco tra individui, “diversi” sì, ma ugualmente partecipi e responsabili della realtà che condividono”.metodo di lavoro che implica un processo di de-costruzione di quell’immaginario complesso, che è la lente attraverso la quale vediamo e interpretiamo la realtà. L’adesione a questo metodo, che diventa alla fine impostazione di pensiero, non implica una perdita identitaria o culturale, bensì l’accettazione di L’inclusione fonda, da un punto di vista pedagogico, un concetto di intercultura intesa come un’idea complessa, sfaccettata, non lineare di realtà.
Lorenzo

lunedì 6 ottobre 2008

Comprensioni

La morte non è nel non poter comunicare, ma nel non poter più essere compresi. (Pier Paolo Pasolini)

sabato 4 ottobre 2008

L'appuntamento


Venerdì, 3 Ottobre 2008. ore 12,20 :
come al solito dò appuntamento vicino alla scala della stazione di Roma Termini.
Io sono puntuale col treno ma lei mai col tram.
Aspetto vicino alle fatidiche scale, che portano poi al ristorante.
Lunga attesa ma lei non si vede,(Vedi che non lasci gli spazi!!!!! mi sta tormentando lei,in questo momento, in un orecchio).
Provo a telefonare e mi dice che è tutta da un'altra parte,vicino ai binari!
"Ah ecco, Te vedo! 'Sta lì, nun te move!"
Io! non mi devo muovere! ma chi si è mai mosso dal punto prestabilito!
La vedo avvicinarsi, il suo sorriso mi fa dimenticare una incipiente incazzatura .
"Ao, ero da un'altra parte, pensavo che le scale fossero laggiù, poi mi sono trovata vicino ai binari."
Si deve sapere che ormai sono dieci anni che ci troviamo in stazione (quasi mai nello stesso punto), ma era abitudine trovarsi li e poi mangiare qualche cosa.
I cronici ritardi dei tram( e suoi) ci fanno improvvisare qualsiasi sorta di appuntamento.
Mi sta dicendo in questo momento, di non fare il furbo perchè una volta sono sceso a Latina invece che a Roma( io sono pure ferroviere!)
Questi sono i nostri primi 5 minuti di incontro, da dieci anni a sta parte.....(5 puntini, per la cronaca non va bene nemmeno così!)
Lorenzo

Venerdì 3 ottobre 2008 ore 12,50:
Beh, ad essere onesta sono arrivata con un pò di ritardo, quindi non erano proprio le 12.20 (mica tutta colpa mia, i tram qui funzionano......ok lo ammetto,solo colpa mia, riesco sempre a far tardi pur preparandomi con grande anticipo). Mi telefona, indicandomi, con la sua solita precisione, il luogo dell'incontro, io che vado di fretta perchè già so di essere in ritardo, non ascolto, gli dico va bene, ci vediamo lì.
Ma lì dove?
Vabbè, poi se non lo trovo lo chiamo col cellulare.
Una corsa contro il tempo la mia, sono l'unica persona in tutta Italia che spera nei ritardi dei treni per arricare puntuale. Ma non ho scampo: il tram si fa tutti semafori e non salta nemmeno una fermata.
Arrivo in stazione e m'incammino, ovviamente dalla parte sbagliata (ma qual'era quella giusta?),
Chiamarlo subito no, ho una dignità da difendere, quindi inizio a guardarmi intorno. Il mio senso d'orientamento è zero, però non ricordo i binari vicini alle scale che portano al ristorante.
I binari ci sono, le scale no!
Non ho capito niente? Mi sono persa!
Lui mi toglie dall'impasse, chiamandomi al cellulare. L'onore è salvo!
Non solo è già da un pò ad aspettarmi alle scale, ma è anche passato dal bancomat e ha comprato pure il regalo per un nostro amico.
- E non aggiungo altro!- mi dice. Non vuole farmi pesare il ritardo? Ho qualche dubbio a tal proposito.
- Dove sei? - La sua è una calma che non mi piace.
- Arrivo, ci sono quasi, però non ti vedo - cerco di aggiustare io che sinceramente non so proprio dove andarlo a cercare
- Sto aspettandoti proprio dove dovevamo incontrarci. - L'infame non mi vuole aiutare
- E sto esattamente dalla parte opposta dove stai di sicuro tu.- Ironizza
Parte opposta......è un indicazione, mi giro, lo vedo
- Ah ecco, ora ti vedo. Stai fermo lì e non ti muovere!
Si muove invece, mi ha vista e mi viene incontro. E' bellissimo sempre ritrovarsi.
Marilena
PS - Mi manda in paranoia perchè non tiene conto nè della punteggiatura nè degli spazi, inoltre rifiuta l'idea che i puntini sospensivi debbano essere, a mio parere, sempre sei!