domenica 26 ottobre 2008

Sulle classi divise




Partiamo da un unico presupposto: il problema del multiculturalismo nelle scuole ,specialmente elementari e medie, esiste.
Esiste il problema della incomunicabilità linguistica all'interno di queste classi.
Come risolverlo? io non lo so,non sono un esperto e qualsiasi proposta potrebbe causare dei danni.Però di principi me la sento di parlare,anzi,ne devo parlare,perchè è sui principi che si vede il grado di civiltà e modernità di una società. E' sui principi ,come quello dell'educazione garantita per tutti, che ogni persona che viva su un suolo di uno stato che si dica moderno deve dire la sua.
Altro principio molto importante, oltre quello delle libertà, è quello del rispetto delle regole. Regole,le nostre, di un mondo occidentale e liberale (da non confondere liberale nel senso di partito liberale) che garantiscono un modello di vita improntate sul rispetto della persona,sui suoi diritti, sui suoi doveri,sulle sue libere scelte.
Le società occidentali hanno fatto loro,ad esempio i principi fondamentali della carta dell'ONU, di derivazione illuministica.

La scuola deve essere vista come il modello base per una integrazione delle persone viventi in una certa comunità.

Si comprende, così, perché, alla base di ogni società democratica debba esservi almeno il riconoscimento dei singoli in un nucleo di principi politici fondamentali. L'individuazione di un tale spazio di condivisione è condizione fondamentale, inoltre, per dare vita ad una discussione proficua sul significato di altri elementi più controversi e non ancora condivisi: è necessario, infatti, avere un sistema di riferimento stabile, sulla base del quale intendersi, per dare vita ad una discussione di qualunque genere.Entro un contesto omogeneo tale spazio per la condivisione risulta essere caratterizzato da un accordo sui valori, sulle concezioni della vita buona, che si traduce in una identità collettiva stabile e riconoscibile anche a livello politico; entro realtà “multiculturali”, invece, l'eterogeneità delle identità e delle dottrine comprensive impedisce un accordo così profondo e sostanziale; di qui la necessità di aprire uno spazio di condivisione, almeno a livello politico, giuridico.Come evidenzia lo stesso Habermas, infatti, “il diritto è l'unico medium che possa garantire una solidarietà tra estranei nelle società complesse” [Habermas, 1997, p.96]: si comprende, così, il carattere inevitabilmente artificiale e discorsivamente costruito dell'identità collettiva di una società complessa, in cui individui, o gruppi, profondamente divisi, si trovano a dover convivere, non condividendo né ideali, né credenze, ma essendo tutti ugualmente motivati a realizzare una modalità pacifica di convivenza.

La condivisione si presenta, dunque, come un fatto prettamente politico, e costruito a partire dalle differenti dimensioni identitarie e culturali, cui appartengono soggetti che, dovendo convivere entro contesti eterogenei, cercano, tenendo presenti le esigenze e le richieste di ognuno, un accordo sui principi giuridici che renda possibile tale convivenza.Questo accordo viene raggiunto per mezzo di una discussione, cui partecipano tutte le parti in causa, o i loro rappresentanti: una discussione in cui tutte le voci hanno lo stesso diritto di farsi ascoltare; una discussione il cui risultato consisterà nell'individuazione di alcune norme cui gli stessi attori dovranno sottomettersi.Presentando la natura discorsiva dell'accordo politico, Habermas introduce il concetto di agire comunicativo, in virtù del quale “l'importante funzione d'integrazione sociale viene a cadere sulle vincolanti energie di un linguaggio orientato all'intesa"

Detto questo,ho dimostrato che la divisioni in classi "per razze" è contraria ai principi sopra esposti.

Mi chiedo se queste cose siano state esaminate dal ministro della pubblica (D)istruzione. Ma il dibattito ,mi sa, non coinvolge nessuno su questi principi.................meglio indovinare chi è la talpa nell'isola.

Lorenzo



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