Nata a Milano nel palazzo di piazza sant'Alessandro il 28 giugno 1808 e battezzata nella chiesa omonima con ben dodici nomi, Cristina Trivulzio era destinata ad avere, se non dodici, certamente almeno cinque vite diverse, tutte avvincenti come un romanzo.
E' difficile, tra tanta abbondanza di fatti, atteggiamenti ed idee, trovare gli aggettivi capaci di dirci in sintesi chi fu questo personaggio, troppo noto in vita ed oggi relegato in un angolino della memoria collettiva. (La via Cristina Belgioioso a Milano si trova a Roserio, dopo lo svincolo autostradale, e porta a Pero.)
Di lei si è detto tutto il bene e tutto il male possibile, quand'era in vita e anche dopo la sua morte per molti anni. In seguito, dopo un silenzio durato molti decenni, è iniziato a riaffiorare un personaggio sempre più positivo, sempre più forte, ed oggi esistono numerose sue biografie che la dipingono come un'eroina lombarda, inflessibile e tenace: la "madre di tutti i femminismi".
Soggiorna a Genova, Roma (aprile-maggio 1829), Napoli e Firenze (1830). In maggio è a Ginevra. In queste città, però, frequenta anche personaggi sospetti alla ultrasospettosa polizia austriaca di Milano. Le spie austriache si interessano a lei, già "colpevole" per la bigotta burocrazia asburgica di avere abbandonato il marito. Alla fine, durante un soggiorno a Lugano (giugno-luglio 1830), manifesta aperta simpatia nei confronti del partito repubblicano vincitore delle elezioni in quella città (settembre 1830) ed è la goccia che fa traboccare il vaso. Le viene ingiunto di rientrare a Milano. Forse non ci sarebbero state sanzioni contro di lei, ma Cristina teme di venire rinchiusa in convento e scappa in Francia. Quel giorno, il 19 novembre 1830, una giovane principessa amante dei balli e delle brillanti conversazioni viene così trasformata in una eroina rivoluzionaria. Confiscati i beni, Cristina si ritrova a ricamare la bandiera per l'infelice spedizione nella Savoia organizzata dai patrioti esuli, infervorati dagli avvenimenti del marzo 1831. In Provenza conosce Augustin Thierry.
Fallita la spedizione, Cristina, che ha speso i pochi soldi che aveva portato con sè (ed ha anche firmato due pesanti cambiali) arriva in aprile a Parigi con una lettera di Thierry per François Mignet.
Il soggiorno a Parigi, dal 1831 al 1840, è un romanzo. Corteggiata da tutti, adorata dal vecchio generale Lafayette, Cristina vive una stagione eccezionale, ancora ben presente nella storia della letteratura francese. Abita da principio in rue Vignon 7 accanto alla Madeleine, scrive articoli sul “Constitutionel” e dà lezioni di disegno e pittura.
Appena riesce a recuperare parte delle sue rendite, apre un salotto famoso in rue d’Anjou, una traversa del Foubourg St. Honoré. De Musset, Balzac, Listz, Heine, Bellini sono innamorati di lei, ciascuno a suo modo. Tutti vengono respinti con garbo e civetteria. Le simpatie si rivolgono piuttosto a personaggi più austeri, agli intellettuali e ai politici che dominano la scena del nuovo regno orleanista di Luigi Filippo, l'ultimo discendente di Valentina Visconti a sedere sul trono di Francia. Tra questi vi sono: lo storico Augustin Thierry, il politico e futuro presidente delle Repubblica francese Adolphe Thiers e infine François Mignet.
François Mignet era un giovane bellissimo, grande oratore e insigne storico. Era stato uno dei principali artefici della rivoluzione orleanista, ma aveva rinunciato subito a trarre vantaggi politici dalla sua popolarità accontentandosi del posto di direttore degli Archivi degli Affari Esteri dove poteva continuare i suoi diletti studi.
Quest'uomo molto schivo e riservato, tanto schivo verso il gentil sesso da sollevare voci su una sua presunta impotenza sessuale, diventerà prima l'amico più fedele e poi il marito segreto di Cristina. Da questo rapporto molto riservato tra i due, dopo una gravidanza semiclandestina a Versailles, il 23 dicembre 1838 nascerà una bambina: Maria.
La paternità di Mignet non sarà mai rivelata apertamente, nemmeno nel loro carteggio, resta un'ipotesi, fondata su numerosi e solidi indizi, che oggi è accettata da tutti. Ufficialmente, per ragioni dinastiche più che economiche, Maria sarà sempre figlia di Emilio di Belgioioso, che proprio in quel periodo era ospite di Cristina a Parigi.
La riformatrice sociale
La nascita di Maria segna l'inizio della seconda vita di Cristina. Il clima persecutorio della polizia austriaca si è molto attenuato dopo l'incoronazione del nuovo imperatore ed è quindi possibile il ritorno a Milano, che avviene nel luglio 1840. Cristina, però, a causa della bambina, teme ancora più di prima le maldicenze. Lo stesso Manzoni la farà mettere alla porta quando Cristina vorrà dare l'ultimo saluto alla madre morente del grande romanziere. Si stabilisce quindi a Locate, a sud di Milano, feudo dei Trivulzio da quando il grande Gian Giacomo lo aveva "comperato" dall'abbazia di Chiaravalle.
La povertà, l'ignoranza, le malattie dei contadini di Locate mettono davanti agli occhi di Cristina una realtà molto diversa da quella dei salotti parigini. Pensava di chiudersi nella sua grande casa a studiare e a crescere la sua bambina, invece si lascia prendere interamente dai problemi dell'ambiente che la circonda e così, con l'aiuto di alcune teorie utopistiche ascoltate in Francia - saintsimoniane e fourieriste - si improvvisa riformatrice sociale.
La principessa dal fascino misterioso, civetta e "commediante" per le molte rivali francesi, diventa di colpo una lombarda dai modi pratici e decisi. Prima di tutto vanno sistemati i bambini, ed ecco un asilo che verrà giudicato in termini entusiastici da Ferrante Aporti, poi vengono le scuole, maschili e femminili, con grande scandalo dei nobili lombardi e del buon Manzoni che non capisce perché si debbano istruire i contadini. Il paese si trasforma, dapprima è diffidente, poi accoglie le innovazioni con gioia, anche perché la Signora segue attentamente ogni iniziativa e ne garantisce il buon esito.
Nel frattempo, in sintonia con i nuovi panni indossati a Locate, Cristina studia e pubblica le sue prime opere: il Saggio sulla formazione del dogma cattolico e la traduzione in francese della Opere di Gian Battista Vico, con un'ampia introduzione. Scritti entrambi in francese e pubblicati in Francia, questi libri rendono ancora più ostile nei suoi confronti l'ambiente milanese e non solo milanese. E' il colmo! Non solo questa donna dà lezioni di economia agraria e di buona amministrazione ai proprietari terrieri lombardi, ma invade addirittura il campo della filosofia e - apriti cielo! - della teologia. Nel 1843 Lehman le fa il celebre ritratto.
La rivoluzionaria
I tempi intanto stanno cambiando in fretta. L'intera Europa inizia dal 1845 a dare segni di turbolenza, e Cristina non si fa trovare impreparata. Nel febbraio del '45 rileva una rivista patriottica, la "Gazzetta italiana", in gravi difficoltà economiche e la trasforma l'anno dopo in una rivista, l'"Ausonio", sul modello della celebre "Revue des Deux Mondes". Nel 1846 scrive sotto falso nome la Storia della Lombardia con le critiche al Confalonieri che faranno molto arrabbiare i patrioti milanesi.
I patrioti italiani, negli anni che preparano il '48, sono intenti a litigare tra loro furiosamente e non fanno quindi fatica ad accanirsi anche contro una rivista diretta da una donna. Cristina tira diritto orientandosi sempre più verso una soluzione unitaria e monarchica sotto l'egida dei Savoia. Nel '47 viaggia in tutta l'Italia allacciando rapporti con i maggiori esponenti del Risorgimento: Cavour, Cesare Balbo, Nicolò Tommaseo, Giuseppe Montanelli e molti altri. Fa visita anche a Carlo Alberto.
I disordini a Milano del 2 gennaio 1848 in occasione dello sciopero del tabacco la trovano a Roma. Si parla di un mandato di arresto contro di lei. Da questo momento da giornalista diventa rivoluzionaria. Gli avvenimenti del '48 e del '49 la trovano sempre in prima linea. Dopo le Cinque Giornate arriva a Milano guidando la "Divisione Belgioioso", un gruppo di circa 200 volontari da lei reclutati e trasportati in piroscafo a Genova e da lì a Milano. Nel pieno della battaglia politica muore l’amato segretario Stelzi, che verrà il seguito sepolto a Locate nello stesso cimitero dove riposerà la salma di Cristina. Le vicende del cadavere “imbalsamato” dello Stelzi, raccontate romanzescamente dal Barbiera, alimenteranno dopo la sua morte la leggenda della sua necrofilia.
La delusione per il "tradimento" di Carlo Alberto a Milano la fa avvicinare ai repubblicani ed eccola a Parigi con Carlo Cattaneo a difendere la condotta dei milanesi durante le Cinque Giornate, diffamata dagli emissari austriaci e piemontesi. Delusa dall'atteggiamento del governo francese, si unisce ai patrioti della Repubblica Romana, adoperandosi giorno e notte negli ospedali durante l'assedio della città. Ed ecco un colpo di genio: di fronte all'emergenza ed al caos degli ospedali romani, Cristina inventa le "infermiere". Fino a quel momento negli ospedali ad aiutare i medici c'erano solo i "facchini" per il trasporto dei malati, gli attuali portantini. Da buona milanese, memore delle "dame della crociera" della Ca' Granda, Cristina pensa ad un corpo di volontarie laiche dedite ad aiutare i malati, ad assisterli e a confortarli. Assolda così uno stuolo di dame, di borghesi e ... di prostitute. La presenza di queste ultime, negata da Cristina in una lettera al papa, ma da lei ammessa nel carteggio privato con l'amica Caroline Jaubert, creerà un grave scandalo quando questo carteggio verrà pubblicato a Parigi dall'amica con il permesso, più o meno tacito, dell'autrice.
L'avventura romana finisce, come è noto, molto male. Dopo essersi battuta in tutti i modi per salvaguardare i feriti e i prigionieri, Cristina deve riparare in fretta a Civitavecchia e fuggire a Malta. Da Malta, poi da Atene, e infine da Costantinopoli vengono scritte le lettere sopra ricordate che saranno in seguito pubblicate nel volume Ricordi nell'esilio, un’opera recentemente ristampata in Italia, anche se già irreperibile.