Si conoscono le malattie del corpo, un po' meno quelle della mente, molto poco quelle dell'anima e del nostro sentire pubblico.
Anima, mente, sentimento, sono quelli che fanno ammalare le idee, perchè anche queste si ammalano o, molto spesso, si irrigidiscono, indice di un loro prossimo sopimento e oltrepassamento della loro funzione nella società.
E siccome la nostra vita è regolata da tutti questi fattori, noi dobbiamo aver cura di loro ed essere pronti ad intervenire; non solo per accrescere il nostro sapere, quanto piuttosto per dargli un ordine e una nuova collocazione.
Le idee, a un certo punto, diventano così radicate al nostro interno e nella nostra società da agire come dettami ipnotici, chimere da inseguire ad ogni costo e con ogni mezzo. L'idea, a questo punto, può diventare mito oppure dogma, che mai verrà attraversata dalla ragione umana, ma rimarrà in quello spazio del trascendente a guidare prima tutto noi, ma con il tempo, quando saremo spogliati della capaccità crtitica, a impossessarsi delle nostre azioni.
A diferenza delle idee in movimento, i dogma e i miti ci possiedono e ci governano con mezzi che non sono logici, ma psicologici e istintivi, quindi radicati nel fondo della nostra anima, dove la luce della nostra ragione fatica ad entrarvi. Questo perchè i miti sono idee semplici, svuotate di quel contenuto creativo dal passare del tempo e dal cambiamento della società.
Una di queste idee ormai obsolete ma ben radicate nel più profondo delle nostre anime riguarda il ruolo della donna nella società, la donna come figura materna separata dal suo essere persona.
Da molti anni non siamo più pervasi dall'inquetudine della domanda, quindi non ci chiediamo più quali siano i reali bisogni di questa parte così importante della coppia, di questa parte così importante per la vita stessa.
Lo status di donna-madre è nettamente staccato da quello di donna-faber ( neologismo da me coniato, dove intendo la donna nella società tecnologica, il suo ruolo), per non parlare dello status di donna-persona, ancora relegato a una discussione pseudointellettuale sul femminismo come conquista e non come cosa acquisita.
Occorre allora svegliarci da questa quiete del mito della donna, questo sonno dogmatico, come direbbe Kant, perchè molte sofferenze, molti disturbi, molti malesseri nascono non dalle emozioni, ma dalle idee- mito accovacciate sullla pigrizia del nostro pensiero e accovacciate dalla comodità di una società maschilista dove non è l'uomo che comanda, ma è l'uomo che dorme crogiolandosi sul letto della staticità dell'anima.
Dobbiamo allora rivisitare in nostri miti, le nostre certezze acquisite per comodità, recuperando quella
"presenza nel mondo" ormai cambiato, esigendo il nostro cambiamento interiore e il nostro modo di confrontarsi con esso e fra i nostri simili.
Un pensiero avventuroso, coraggioso, che guardi avanti e sappia leggere i cambiamenti sociali in modo più rapido. Non sarebbe difficile, anzi, credo molto semplice se solo abituassimo la nostra mente a guardare prima fuori di noi con lo sguardo curioso di chi vuole imparare conoscendo e poi, lentamente ma con continuità, imparare a guardare la nostra anima e confrontarla con l'esterno.
Un esempio da cui è possibile iniziare è il diritto alla vita e alla morte come valori dell'uomo e parte del nostro essere nel mondo. La donna si vista si come chi la vita genera, ma come un'unica persona che ha il coraggio di aprirsi, insieme o da sola, alle crisi del mondo aiutata dalla ragione che riesce a sconfiggere il granito del mito.
Ho scritto, in un commento, che la fede è un atto d'amore e la fede in Dio come l'atto supremo.
Io penso, infatti, che credere in Dio sia un tentativo di andare verso il bene. Da un punto di vista Aristotelico come l'atto a cui l'uomo naturalmente tende. Lo penso davvero.
Ma sono anche fermamente convinto che si possa tendere al bene in molti altri modi, non meno nobili, non meno teleologicamente inferiori.
Allora sel il punto di incontro è la tendenza al bene dobbiamo convenire tutti insieme che un problema c'è: il dogma è contro la ragione e non è per forza un atto di fede in Dio, un' ubbidienza supina devotamente allontanante dalla ragione.
A questa consecutio logica io credo molto, come credo che vadano scardinati i dogmi e i miti che impediscono una visione del mondo attraverso l'intelligenza, la ragione che di appartenenza all'uomo solamente.
E allora possiamo si discutere di vita, dove l'ultima parola spetta all'uomo, alla donna e a nessun altro, all'interno delle regole che noi ci diamo ma dove il fine sia il bene e la felicità della coppia o del singolo che insieme portano avanti e fanno crescere le speranze di nuove vite, ma dove anche la morte deve avere una sua collocazione all'inerno della ragione e delle regole. il diritto ad una buona morte, il diritto di scegliere come e dove morire.
Non sempre sono idee " chiare e distinte" come voleva Cartesio, spesso all'inizio sono solo abbozzi, interpretazioni, idee appena nate che però consentono alla mente di allargare i suoi orizzonti, che poi sono anche i nostri e a noi di diventare più tolleranti, perchè più aperti e capaci di comprendere, quindi di vivere.
Spesso non riusciamo a dare una definizione netta di uomo o di donna, questo è il nostro male moderno, perchè ci limitiamo all'esteriore, all'apparire, ai nostri ruoli precostituiti.
Forse sarebbe ora di trasmettere alla nostra anima, che sempre sarà alla ricerca di se stessa, che la carne e lo spirito possono intrecciare i loro complicati dialoghi, che è famigliare l'aurora e il crepuscolo, che è cosa normale la notte come il giorno. Ma ci saranno sempre due momenti della giornata in cui il giorno non è giorno e la notte non è solo notte .
Questi due momenti si chiamano, e per sempre si chiameranno,
uomo e donna.
Lorenzo