mercoledì 2 ottobre 2013

Buona notte cielo stellato








Molti, quando citano Kant e più precisamente " La Critica della Ragion Pratica" si limitano a riportare il famoso periodo " il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me". Bellissimo verso, a mio giudizio di una forza intellettuale immensa e poco analizzata specialmente in Italia. Per tradizione più hegeliani noi. Ma a parte l'hegelismo, vorrei porre all'attenzione il vero finale della Critica su citata, il continuo di questo capitolo, l'epilogo. Dopo il bellissimo verso c'è una sorta di spiegazione, incantevole davvero. Ma appena dopo inizia dicendo:

"Ma l’ammirazione e il rispetto possono bensì eccitare alla ricerca, ma non compensano la sua mancanza( la morale). Ora, che c’è da fare per intraprendere questa ricerca in un modo utile e conveniente alla sublimità dell’oggetto? Gli esempi a questo proposito possono servire all’esortazione, ma anche all’imitazione. La considerazione del mondo cominciò dallo spettacolo più bello che i sensi umani possano mai presentare, e che il nostro intelletto possa mai sostenere di perseguire nella sua grande estensione, e finì — con l’astrologia. La morale cominciò con la proprietà più nobile della natura umana, il cui sviluppo e la cui cultura mirano ad una utilità infinita, e finì — col fanatismo o con la superstizione. Così avviene di tutti i tentativi ancora rozzi, in cui la parte principale dell’impresa dipende dall’uso della ragione, che non si trova spontaneamente come l’uso dei piedi mediante l’esercizio frequente, specialmente se riguarda proprietà che non si possono manifestare così immediata­mente nell’esperienza comune. Ma, dopo che, quantunque tardi, venne in uso la massima di riflettere bene, prima, a tutti i passi che la ragione intende fare, e di non lasciarla procedere altrimenti che per il sentiero di un metodo prima ben esaminato, allora il giudizio sull’universo ricevette tutt’altro indirizzo, e, insieme con questo, un esito, senza paragone, più felice. La caduta di una pietra, il movimento di una pianta, risolti nei loro elementi e nelle forze che vi si manifestano, e trattati matematicamente, produssero, infine, quella cognizione del sistema del mondo chiara e immutabile per tutto l’avvenire, la quale, col progresso dell’osservazione, può sperare sempre soltanto di estendersi, ma non può mai temere di dover ritornare indietro."

Mi piacerebbe che qualche volta un parlamentare, un senatore, un politico in generale, invece dei soliti interventi per dimostrare chi è più furbo o più scaltro, leggesse il passo del filosofo tedesco. Sarebbe un elogio all'intelligenza, alla speranza, alla pazienza del cittadino medio e un forte monito contro le furbizie e gli scadimenti della ragione umana. Si eviterebbero scene come quelle di ieri e di oggi in Senato.
E con la pelle d'oca per questo brano stupendo, ringrazio chi mi iniziò alla lettura di quello che io credo sia uno dei filosofi più importanti del genere umano, I. Kant, sperando d'aver fatto cosa gradita anche a voi.



Buona notte

Lorenzo

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