domenica 17 marzo 2013

Le contraddizioni prima o poi fuoriescono




 Una giusta analisi di Lettera 43


 I grillini che il 17 marzo, contravvenendo agli ordini del loro leader, hanno votato per Pietro Grasso, hanno dato prova di come la forma partito, intesa come organizzazione rigida e dirigistica, non sia più oggigiorno riproponibile. Nemmeno nella forma del centralismo democratico che il Pd, almeno da parte di chi viene dalla tradizione comunista, conosce bene.
Oggi un partito è una libera associazione di individui che si riconosce in alcuni principi che ne determinano l'identità, ma dentro un perimetro che consente il dispiegarsi di un'amplia dialettica interna.
LA CONTRADDIZIONE DI GRILLO. Pretendere poi, nella fattispecie, di governare in regime di assolutismo un movimento nato e prosperato nella Rete è una contraddizione in termini che Beppe Grillo sembra disconoscere.
Dal suo punto di vista, può risultare una posizione comprensibile perché là dove essa nasconde il timore che il 'liberi tutti' possa stravolgere cardini e linee guida che ne costituiscono il patrimonio più prezioso.
La non partecipazione ai talk show ad esempio, che ha fatto molti discutere e che ha portato a una prima limitata diaspora interna, deve essere una regola inderogabile perché costituisce una discrimine rispetto ai rituali delle vecchia politica. Violarla, significa venir meno a quei criteri comportamentali che qualificano il Movimento 5 stelle come antagonista.
SCELTA IN LINEA CON IL MOVIMENTO. Detto questo, ed una volta appurato che certe scelte non sono antitetiche alle linee guida costitutive, Grillo sbaglia quando pretende il diritto di ultima parola anche su decisioni che si inseriscono perfettamente nell'ideologia del partito. Come appunto votare Boldrini e Grasso per la presidenza delle due Camere. Sono persone che rappresentano una rottura rispetto al passato, e che vantano un curriculum non compromesso con clientele e logiche spartitorie.
Perché mai i grillini non avrebbero dovuto votarli? Non sono loro i primi a fare del ricambio della classe dirigente un punto fondamentale del loro programma?
Grillo, invece che dare adito a inutili psicodrammi interni, avrebbe fatto bene ad assecondare la scelta di quanti dei suoi (alla fine una esigua minoranza, ma sufficiente ad essere determinante per l'elezione di Grasso) trovavano del tutto coerente votare i due candidati proposti da Bersani. Le imposizioni, i veti, in questi casi meglio lasciarli ad altri. La tragica figura fatta da Scelta Civica dovrebbe suonare in questo senso da monito.
MONTI, L'ESEMPIO DA NON SEGUIRE. Il loro capo, Mario Monti, ha costretto i suoi parlamentari ad assumere una pilatesca e barbina posizione di neutralità mentre lui, di soppiatto, trattava per se stesso la miglior rendita di posizione. Con una disinvoltura e un cinismo che ne squalificano ogni residua credibilità, per quanto già molto compromessa della sua 'salita' in politica.
Ovviamente il niet di Grillo non è paragonabile a quello dell'ex premier, tanto diverse sono le motivazioni che li sottendono. Però per il comico è un' utile lezione di cui far tesoro. Se già di per sé il no per partito preso è un atteggiamento sterile e inconcludente, riproporlo di fronte a persone e contenuti che incarnano un rinnovamento e una soluzione di continuità rispetto al passato rischia di essere una scelta masochista.

Domenica, 17 Marzo 2013

Fonte

Lorenzo

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