La categoria dei manager, dove io intendo tutti quelli che con il loro operato hanno posizioni di responsabilità all'interno di questa società, compresi i politici, fa parte di quel gruppo di persone che in filosofia si potrebbero configurare nell'utilitarismo.
Nell'utilitarismo la ragione diventa strumentale, cioè utilizzata solo per scopi ben precisi, per fini stabiliti da una società utilitarista e che fa del bilancio una religione dogmatica. Una ragione calcolante, quindi non pensante, ma incapace di andare al di là della mera realtà che la circonda, con un utilizzo della facoltà pensata solo per fini aziendali.
L'orizzonte che riescono concepire è quello della massima efficienza e specializzazione, l'unico scopo fondamentale della loro vita professionale è l'azienda, spogliata di tutto ciò che di umano possa esserci, in primis le maestranze che vi lavorano. Assunzioni a tempo determinato spinte fino al limite della decenza, sfiorando spesso l'indecenza, licenziamenti di massa per far quadrare i bilanci, spesso sono i loro errori strategici se non addirittura il frutto della corruzione o di una politica avventuriera. Questo è il quadro odierno in Italia della ragione calcolante con la sua visione aziendalistica della nostra nazione.
Questa loro persuasione ha ormai coinvolto anche la classe politica attuale. Nei dibattitti referendari ho notato che ad argomentazioni di principio quali la salute della popolazione o il diritto all'acqua per tutti, si contrappongono altrettanto argomenti di convenienza di tipico stampo manageriale, calcolante.
Un esempio per tutti: all'affermazione che l'energia nucleare è pericolosa per la salute perchè una volta acceso un reattore non lo si può più spegnere, quindi in caso di disastro il problema diventa gravissimo, si contrappongono argomenti quali la convenienza economica, l'efficienza del sistema paese, il progresso tecnologico. Argomenti di principio e di salvaguardia dell'umanità sono messi sullo stesso piano dei bilanci economici.
E il grave è che i più ci credono, credono sia giusto, non sanno differenziare questa sostanziale differenza d'argomenti. Risulta così la stessa cosa parlare di denaro e di salute, di bilanci e di libertà, di diritto alla salute e tecnologia.
Ecco allora che si sta avverando, con l'ennesimo esempio, ciò che scrissi in altri post: la tecnologia ormai guida le nostre vite, appiattisce il nostro modo di vedere il mondo e di pensare.
C'è una convergenza pericolosa fra fare tecnico e fare politico, anzi direi che ormai sono la stessa cosa.
Questa persuasione non è solo dei manager aziendali, ma anche dei nostri politici al governo(e non solo), i quali partono dal basso livello (intellettivo intendo) quali ormai sono grazie alla tecnica, non esitando a parlare di " azienda Italia", " Azienda ospedaliera", " azienda scuola ", senza rendersi, e noi renderci, conto che parlando di azienda si riduce il fare politico in mero fare tecnico, quindi senza tener minimo conto della 'uomo, con il pericolosissimo atteggiamento di governare i complessi rapporti delle nostre società moderne e multiculturali con i canoni e i mezzi con cui si governa una fabbrica : bilancio e specializzazione; fare tecnologico e competenza specialistica; l'uomo ridotto a mero strumento partecipativo della società.
Un modo di pensare chiuso, senza orizzonti verso l'umanità, senza la minima attenzione a quello che la vera politica dovrebbe essere e quale deve essere il suo fine: la società nel suo complesso, con i suoi bisogni e con la sua esigenza di crescere.
E interessante a tal proposito ciò che scrive Pier Luigi Celli, imprenditore, manager aziendale, filosofo, saggista e narratore, forse uno dei pochi manager con l'anima del nostro panorama dirigenziale:
Avremo uomini dalle medie virtù che attraverseranno i lunghi corridoi aziendali con quel linguaggio standardizzato che abilita a comunicazioni di transito senza coinvolgimenti ai cambiamenti di scena. Una tribù di neocinici sempre più masterizzati, che sul mercato della professione legittimano la loto quotazione con passioni fredde e saperi standard che li renderanno perfetti nella loro ovvietà(....) I loro pensieri e le loro parole hanno corso solo nell'ambito di una cerchia di riconoscimento data e vincolata a modalità standard di interlocuzione(....) Nascerà così la lingua dei bilanci, dei budget, l'arida mitologia del bussines plan, dove al pensiero è preclusa ogni via di fuga e l'identità di una società che sarà interpretata dal numero invece che dalla sua storia.Aggiungo io, affinche si possa ritrovare quell'anima necessaria alla ripresa di un pensiero totalizzante e qualificante per l'uomo, che la società deve riscoprire la vera essenza delle scienze umane, anche della filosofia, affinchè si incrementi i saperi e si ritrovi quel sentimento di libertà e voglia di essere protagonista come persona che è il pensare con un'anima.
Lorenzo