lunedì 14 febbraio 2011

Due cose riempiono l'animo di ammirazione e di reverenza sempre nuove e crescenti, quanto più spesso e più a lungo il pensiero vi s i f e rma s u: i l c i e lo s t e l l a to so p r a d i me e l a l eg g e mo rale in me. Queste due
cose, non ho da cercarle fuori della porta ta della mia vista, avvolte in oscurità, e nel trascendente; né devo,
semplicemente, presumerle: le vedo davanti a me, e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza.
La prima comincia dal luogo, che occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo a
grandezze immensurabili, con mondi sopra mondi, e sistemi di sistemi; e, oltre a ciò, ai tempi senza confine del
loro movimento periodico, del loro inizio e del loro durare. La seconda parte dal mio Io invisibile, dalla mia personalità;
e mi rappresenta in un mondo che ha un'infinità vera, ma è percepibile solo dall'intelletto, e con il quale (ma, perciò,
anche al tempo stesso con tutti quei mondi visibili) mi riconosco in una connessione non semplicemente accidentale,
come nel primo caso, bensì universale e necessaria. La prima veduta, di un insieme innumerabile di mondi, annienta,
per così dire, la mia importanza di creatura animale, che dovrà restituire la materia di cui è fatta al pianeta (un
semplice punto nell'universo), dopo essere stata dotata per breve tempo (non si sa come) di forza vitale. La
seconda, al contrario, innalza infinitamente il mio valore, come valore di una intelligenza, in grazia della mia
personalità, in cui la legge morale mi rivela una vita indipendente dall'animalità, e perfino dall'intero mondo sensibile:
almeno per quel che si può desumere dalla destinazione finale della mia esistenza in virtù di questa legge; la quale
destinazione non è limitata alle condizioni e ai confini di questa vita, ma va all'infinito.

Nessun commento:

Posta un commento